
ça vas sans dire
e sì, ci sono delle cose che mi danno noia.
sono intollerante.
cose minime che si sommano le une alle altre senza riuscire a diventare una cosa grande né importante, no. ma che, nel loro piccolo, sono fastidiose come unghie graffiate al muro. robe che, se mi dovesse girare male, meriterebbero due ceffoni ben dati. così, per fare.
per esempio mi infastidisce molto collegare Antony Hegarty a quel povero, meschino e lurido topo -niente a che vedere con i topi dell'amico del vostro presidente del consiglio, sia chiaro-
la voce chiama immagini.
fotografie, suoni, parole, case disordinate, vento, mani nell'acqua e capelli bagnati -a proposito: hai fatto sparire feminae dalla rete. hai fatto bene-
vorrei che sentire Antony mi riportasse al concerto in una notte d'agosto alla Reggia della Venaria Reale
agli scritti di un ragazzo che conosco poco ma quel poco che ho visto mi è piaciuto
al silenzio di ore andate bene
e invece no.
ci sono i maneggi sottobanco, che in fondo sono così ingenuamente cretini da farmi ridere.
c'è questa stanchezza che mi porto dietro, ogni giorno di più; stanchezza che sa di stress, che riesco a dimenticare solo caricandola di altre cose da fare, altri impegni, altri pensieri per non pensarci.
e c'è anche una sottile linea di insoddisfazione -ma va'!- che dovrei iniziare ad edulcorare dandomi magari un po' di pace, lasciandomi un po' perdere.
e poi c'è dell'altro, che mi tengo stretto stretto.