sabato 16 febbraio 2008

Senza titolo 170





Anche questo è amore.




Detesto rientrare a casa facendo questa strada.


Preferirei passare sul lungo fiume, in silenzio sentire solo il rumore dei miei tacchi sulla terra, sull'asfalto, sull'erba. Ma. Ma questo non è possibile o meglio lo sarebbe se avessi voglia di correre dei rischi non teorici: l'ultima volta che l'ho fatto – ed era estate – un gruppo di esseri non meglio identificati mi avevano detto che mi avrebbero stesa per terra come le strisce pedonali.


Non è stata una bella immagine, anche se mi è scappato da ridere.


E quindi mi ritrovo a passare da qui, in mezzo a questi palazzi color sabbia con decorazioni verdi, piastrelle simil-mosaico pretenziosette, disegni di segni zodiacali che mi chiedo cosa volessero rappresentare, negli anni cinquanta: affidarsi agli astri dopo il bombardamento? Insanità mentale postbellica? Case Fiat. Le case del respiro operaio, del miracolo italiano, del benessere. Il benessere postbellico e preconcettuale.


Passi, comunque, anche tutto questo: voglio arrivare a casa.


Le luci accese. Ho dimenticato le luci accese? Intendo nutrire con le mie già scarse finanze le fauci dell'azienda metropolitana de La Luce? Oh no.


No.


Tu sei lì, a casa mia; e mentre allungo il passo per raggiungere il portone e fiondarmi su lo immagino seduto sul divano, forse musica forse televisione a usare le mie cose come fossero le sue senza sentire mai il bisogno di chiedermi il permesso.


E questo lo detesto.


Apro la porta e rimango in silenzio, in questa penombra d'ingresso che pare irreale. Non fa rumore neanche l'aria smossa dalla porta aperta.


Percepisco un attimo di solitudine immensa pensando all'irritazione che mi avrebbe dato trovarlo a casa e la delusione per non averlo trovato. Gesti meccanici mi portano fino alla camera da letto. Sfilo il cappotto buttandolo sul letto e sollevo la tapparella per fare entrare un filo di luce che i lampioni riescono a fare arrivare qua su.


Guardo la strada che adesso pare silenziosa, percorsa da piccole formiche a quattro ruote o a due zampe, innocue formiche multicolor che per oggi ho cancellato dalla mia esistenza.


Due mani posate sui miei fianchi. Due mani non mie raccolgono un brivido intenso saturo di terrore. Non riesco a realizzare la qualità di questa paura, non faccio in tempo. Voglio girare la testa e guardarmi indietro, provo a costringere le corde vocali a vibrare in un urlo ma il fiato è spezzato.


Mi sbatte sul letto e lo vedo. No, lo intuisco.




  • Sei uno stronzo! - e istintivamente cerco di mettermi seduta cercando di riprendermi l'anima che per un attimo ho sentito sfuggirmi di mano mentre un fiume di parole in piena mi allaga la bocca pronta a inondare la stanza di rabbia e veleno.




Mi posa con forza la mano sulla bocca, sento sulla lingua il vago sapore metallico del sangue e ancora cerco di sollevarmi prima che il suo peso mi si cali addosso. Stringo le gambe e poggio gli stivali contro lo specchio dell'armadio, irrigidendomi sperando di respingerlo. Lo conosco tanto bene da non poter realizzare in lui questa azione.




  • Ora stai zitta, non voglio sentirti dire niente. Per una volta fai silenzio perché non ho intenzione di ascoltare una sola parola – la voce spezzata fra una parola e l'altra come a darmi il tempo di realizzare esattamente cosa stia succedendo – Dimmi che hai capito, dimmi di sì e non dire altro -




Lo fisso negli occhi cercando di interpretare il suo tono, voglio cercare un'inflessione scherzosa in quelle parole ruvide e inattese ma mi distraggo a seguire i movimenti della sua mano sul mio corpo, la gonna che si solleva accartocciandosi sui miei fianchi e i bottoni della camicia che scoppiano mentre arcuo la schiena tentando di levarmelo da dosso. Accenno un sì con la testa e un perché con gli occhi a cui lui non da alcuna risposta mentre ancora con la mano libera forza le mie gambe per allargarle. Faccio resistenza e per un momento pare desistere, “forse ho vinto, coglione” penso mentre sento il suo movimento pieno sulla mia pancia, inequivocabilmente eccitato. Con forza mi tira giù le mutandine fottendosene del mio sguardo incredulo. Mi si struscia addosso facendo maggiore frizione, il suo peso mi fa abbassare le gambe; le mie mani, fino a quel momento incredibilmente inattive, lo spingono verso l'alto ma è un movimento inutile. Si sbottona i jeans trascinandoli sulla pelle delle mie gambe e incunea le sue fra le mie costringendomi a divaricarle. E' un attimo. E' angoscia.




  • Lasciami fare, lasciami fare che è meglio – rauco, arrabbiato – e evita di urlare adesso. Non voglio sentirti, non costringermi a farti male.




A farmi male, penso. Non può farmi male una persona con la quale ho fatto l'amore una quantità di volte innumerevole. Ma sudo e ho le mani fredde, le sento.


Non tenta neanche di baciarmi, non mi accarezza, non c'è tenerezza. In un attimo mi è dentro. Mi scopa. Contratto, veloce e violento. Sento i suoi denti attraversare la stoffa della camicia sulla mia spalla, le sue dita stringermi le labbra, il suo movimento sincopato, ritmico, lungo, pieno. E gode in un ringhio sentito mille volte mentre spinge ancora con impeto, mentre sibila “troia” sul mio collo, mentre rimango ad occhi sbarrati a sentire i suoi fiotti.



21 commenti:

  1. ecco, appunto, diceo della bellezza dei lung'Arno sotto il sole d'inverno... uguale uguale...

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  2. Fantasie perverse, miste a crudeltà umane e sentimenti forti, armonizzate perfettamente grazie al dono della scrittura che tu possiedi e coltivi!!


    ...e carne e sesso e sangue e Tu!!

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  3. Scusami tanto, light, se lo dico... ma un paio di questi commenti sopra mi hanno irritata terribilemente!

    Come si fa ad eccitarsi di fronte ad un racconto come questo???

    Forse sono strana io... ma quello che ho letto qui oggi in questo post mi ha fatto male... e mi ha fatto male pensando a te, a quello che devi aver provato. Perché di male te ne può fare tanto anche una persona che con te ha fatto l'amore e *proprio* perché con te, a suo tempo, ha fatto l'amore...

    Ma ripeto... forse son strana io... perché essere buttata su un letto e presa di forza può avere anche un suo perché, ma non in questo caso, non così... e maledizione, se è tutto vero, mi dispiace... mi dispiace tanto.

    Ti abbraccio forte

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  4. ma io spero davvero di non aver capito un accidenti di quello che hai scritto sai.

    ma proprio niente.

    ......

    Bibi



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  5. ciao lait. sbagliero' ma , percepisco freddo. o meglio , autolesionismo . anche .dai, e' uno scherzo ,vero ?

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  6. ESEGUISCO !

    caspita lait , e' durissimo. colpisce la freddezza di come descrivi . come se non ti riguardasse . eppure coinvolta inconsciamente , pragmatico . razionale . secco. carnale .

    un vero e proprio pugno nello stomaco . il bello e' che se lo rileggo non mi e' chiaro chi e' il gatto e chi e' il topo.

    io lo trovo bellissimo.

    un grande inchino.

    Matteo, ciao.

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  7. non mi piace leggere roba da maschi, credo ci sia ancora chi ha classe per essere uomo, deciso e determinato, ma con stile.

    BAtman

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  8. Questo è un racconto.


    Certo, come ogni racconto esso contiene inevitabilmente una parte autobiografica - ovvero vissuta dall'autore sulla propria pelle - e un'altra di fantasia.


    Fantasia, non fantascienza.


    Quindi non graffiata sulla pelle di chi racconta ma comunque da questo conosciuta.


    Il fatto che questo genere di racconto possa portare eccitazione fa parte del meccanismo umano nello specifico, ma animale in generale.


    All'odore del sangue agli animali s'allertano i sensi, è una regola.


    In realtà l'animale umano dovrebbe mettere in atto dei meccanismi di difesa rispetto alla violenza fine a se stessa - perché ha la cognizione del dolore, ad esempio - ma in realtà questi sono confusi e spesso inutilizzati, anestetizzati.


    Ciò che si scrive - a volte - non è realtà ma realismo.


    E a volte ha come scopo quello di interrogare/interrogarsi.


    Grazie.

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  9. Squallido il senso di irritazione che ti lascia addosso quando hai finito di leggere. Squallido il protagonista. Squallida l'inerzia di lei che si dimena, ma che si è arresa già prima di entrare in casa. Squallido, sì, come solo certe scene di vissuto possono essere.

    Bravissima.


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  10. l' "happy ending" è qualcosa da augurarsi nella realtà, nella letteratura rischia di svilire l'emotività di un racconto... specialmente se scritto bene;

    ciao a..

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  11. scitto è scritto talmente bene che sembra vero, tant'è che ho provato disgusto e rabbia e repulsione e impotenza.

    ecco.

    però mi ha disorientata non poco.

    accidenti a te e al tuo bel modo di scrivere uffa!!!

    :))

    Bacio

    Bibi

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  12. Spero ci sia molta fantasia e poca parte autobiografica....

    ... comunque hai un avvenire come scrittrice noir!

    Fai venire i brividi!

    Ti abbraccio!... gentilmente!

    Riccardo

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  13. Ah ecco...racconto, in parte autobiografico.

    Ho scalato i commenti per trovarne uno tuo, chiarificatore.

    Mi sono preoccupata e non poco e percepisco quell'autobiografico che sussurri quasi...ma che ha saputo ferire invece e non in modo sussurrato.

    T abbraccio cara...forte.

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  14. Racconti simili non hanno il potere di eccitarmi. Sarà che vivo certe emozioni come un gioco a due, e quando c'è costrizione... mi viene rabbia. Sono contento sia in parte inventato... e spero sia "parecchio" inventato.

    J.

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  15. Angosciantemente bello. Sono stata male fino a che non ho letto che era solo un racconto.

    Brava.

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  16. Ringrazio.


    E' una prova d'autore.


    Un'altra.

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  17. è la prima volta che ti leggo, non ho capito una cosa, è un racconto in qualche maniera inventato o stai raccontado un pezzo della tua vita?...è scritto benissimo ma questo lo sai gia, è estremamente crudo e nello stesso tempo ti prende , come se ti avvolgesse... un bacio

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  18. niente è facile, già. così come realtà finzione sogni. hanno a volte gli stessi contorni. e non sono per nulla facili, ti abbraccio m*

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