sabato 31 gennaio 2009

Senza titolo 311





blurred



fragile.

ché poi mi domando come si inneschi il meccanismo della trasparenza, quello che permette a qualcuno {uno} di vedere attraverso e sotto e oltre. di percepire anche un solo frammento nudo.

nudo.

ché sentendosi scoperto trema e freme, e io quel tremore e quel fremito me lo sento addosso.
lo vedo fare gimcane fra i pori , slalom fra un brivido e l'altro, saltare come da un trampolino fra un pensiero e l'altro, confondersi e disperdersi e riprendersi.

sottile.

ché è come un dolore lieve, un colpo mancato al cuore, un respiro interrotto. come una risata che piega in due, una paura improvvisa, come posare la mano sulla cenere non sapendo delle braci accese, sotto.


e lascio scorrere il dito sulla lama aspettando di vedere una stilla di sangue, anche una sola, per avere la certezza di averne ancora. come se anche la vista dovesse avere la sua soddisfazione, come se non mi bastasse sentirlo correre e mischiarsi.

e mi fa girare la testa. un capogiro un mancamento una mancanza. uno stiletto fra le scapole. la fame e la sete. la voglia senza necessità. il desiderio senza bisogno. silenzi da riempire di sensi. sensi pieni di parole. parole come mani addosso.


così.




martedì 27 gennaio 2009

Senza titolo 310








ma te lo immagini...



è che mi piace essere stupita.
sai quelle parole che ti lasciano così, a rileggerle e rifletterci sopra.
ma questa è un'altra storia.






cancello. cancello e butto via.
butto via tante cose. ma prima strizzo le parole stillandole quasi a cercarne la fine sperando di non trovarla mai. le conservo per un po' perché mi è necessario trovarne il senso, uno qualsiasi.
provo a capire l'utilità, a ricercare il sorriso che mi hanno regalato appena arrivate.
ci tento, davvero, a comprendere che significato abbia parlare di amore e affetto e amicizia.


sai che importanza abbia il silenzio? tacere, quando non si ha niente da dire? evitare di dire quello che non senti, quello a cui non credi?
ma no, né? ché ti piace riempirti la bocca di bontà.






e questa è l'altra storia.


Mi dicevo che eri “quella scontrosa”.
Ma leggevo anche altro. Foss’anche solo nel tuo profilo.
E nulla escludeva nulla,.
Per me, sei sempre stata La Vita, per come l’ho intesa e, sempre più, la intendo.
Priva di compromessi ed equilibri.
Variegata e composita.
Complicata.
Immensamente affascinante, proprio per questo.
Raramente cerco (almeno, mi illudo che sia così).
Trovo più allettante il “trovare”.
L’imbattersi.
Il vivere mentre tutto accade.
Diciamo, il sentirmi investito e scosso (non escludendo, ovviamente, la possibilità che sia io stesso a scuotere e investire).
E, per certi versi, è quello che è accaduto con te.
Semplicemente, ti ho trovata.



e ancora


Ti confesso che ho avuto il timore di perderti (ci pensi? Ti conosco appena e temo di perderti…).
Ma odio farmi condizionare dai timori.
Non ti scriverò mai per impedire che tu sparisca.
Ti ho scritto (e scriverò ancora) solo perché ho cose da dirti (e condividere).
E, seppur in modo del tutto imperfetto, da vivere.







venerdì 23 gennaio 2009

Senza titolo 309






ma smettila



tutto questo piangersi addosso inizia a stancarmi.

gnegnegne e che due maroni. ne ho piene le tasche di persone che mi chiedono "come stai" per il solo gusto di inondarmi di parole e per poter finalmente dire -loro- quanto stiano male e quanto siano sfortunate e quanto la vita si sia accanita e diochestanchezza.

basta. io sto bene. si metta agli atti. se anche non fosse così sarebbero solo e unicamente fatti miei.

e che cazzo. ero in fila per prenotare delle visite e una mi si avvicina dicendomi: purtroppo noi (noi chi?) che abbiamo questo male ce lo terremo per sempre dentro.
intanto noi non esiste. io non faccio noi con nessuno. posso fare tu ed io ma noi proprio al momento non lo concepisco. il n'existe pas.
poi quale male e dentro  dove.
per ultimo contesto il per sempre. per sempre non esiste al mondo.

e così liquido la signora in questione e tutti quelli che non hanno alcun interesse ad ascoltare gli altri ma hanno solo bisogno di un contenitore in cui vomitare frustrazioni.

no. non è tempo per me di porgere il fianco.

meglio evitare di provocarmi lanciando messaggi subliminali, domandando per interposta persona, supplicando compassione e sperando d'essere compresi pur senza parole.

disprezzo l'orgoglio da due soldi almeno quanto il sorriso di circostanza e le parole vuote.

provo una vaga sensazione di repulsione verso chi non abbia ancora imparato, in età adulta, ad essere chiaro. intellettualmente onesto, sebbene non necessariamente coerente.
mi infastidisce chi sia irremovibile e non abbia il coraggio di cambiare idea e di dichiararlo, se necessario; sono intollerante verso chiunque abbia presunte granitiche certezze posate sul fango.
mi urta chi non si metta mai in discussione convinto di avere la verità in tasca e pronto a sputare sentenze salvo poi, ovviamente, sentirsi vittima della altrui incomprensione.


e questo è quanto. fino a prova contraria.







lunedì 19 gennaio 2009

Senza titolo 308






in my boots



che poi le cose dovrebbero cambiare.

ché io sono quella che si volta all'improvviso e si rende conto che quello che era...luce dei miei occhi in realtà non è più che una flebile, inutile lucina.

sono quella che in linea di massima lascia perdere, a meno che non si abbia la sfortuna di interrompere il mio silenzio scelto con parole alle quali non posso non rispondere.

cambia quasi tutto: i desideri, le scelte, la forza. cambia anche la passione e la volontà.

ciò che non cambia mai è l'aver paura di tutto ciò che non posso controllare.

no, non parlo di massimi sistemi e neanche delle vite di altri: come è noto, me ne fotto a meno che non rientrino nel mio privatissimo microcosmo. penso a quelle cose che non posso variare di mia volontà, le cose che capitano.

odio le cose che capitano. porcaputtana se le odio.

soprattutto quelle che sono capitate un anno fa e ancora mi stringono in una morsa di insofferenza e intolleranza, quelle che mi costringono a riprendere fiato prima di concludere una frase; quelle che mi impongono il silenzio e che mi fanno pensare che la genetica no, non è un caso.

questo è l'ultimo giro, poi non ci saranno statistiche che terranno. alla fine, sai che c'è? quand'anche mi dovessero dire "ora facciamo questo" a me basterà dire no.

un bel no di quelli che piacciono a me: secco, diretto, conciso.






c'è ancora tanta neve in giro.

c'è paciocco, come diciamo noi.

la mia macchinetta si arrampica su collinette ghiacciate sul ciglio della strada, rimane lì appesa ad osservare se io, camminando con il naso all'insù, plano su qualche infida lastra di neve che tenta di sciogliersi ma viene colta in flagrante dal freddo notturno.

è bello perché è bianco, tutto bianco.
il valentino, i tetti, l'argine del fiume, la mia terrazza.

è l'inverno che piace a me: ghiaccio e teso e nervoso, che non dà illusione di voler passare presto; quello che non sai cosa metterti per non sentire freddo e quindi senti freddo e basta.

così mio.









mercoledì 14 gennaio 2009

Senza titolo 307






ma qualche cosa non cambia mai



Strano: leggevo oggi sul giornale che i rabbini non parteciperanno alla Giornata dell'Ebraismo, il 17 Gennaio.

Strano. Strano? Ma anche no.

Inginocchiatevi o cattolicissimi e cristianissimi: il pastore tedesco spara cazzate e guarda caso qualcuno si indispettisce.

Prostratevi dinanzi alla voce di colui che decide di santificare il suo compare di qualche decennio fa, pio dodicesimo, quello che -quanto meno per ignavia- non fece niente per impedire la Sho'ah.
Anzi.

Lavate i piedi con la lingua a quello che, mentre vi impone fedeltà, castità, obbedienza e umiltà va in giro vestito d'ermellino.

Prego, porgete le terga a 90° a colui per il quale il dialogo con gli ebrei è inutile, in virtù del fatto che comunque si deve testimoniare la superiorità della fede cristiana.

Sistematevi scomodi, col cilicio a portata di mano, di fronte all'uomo che, dopo decenni, decide di far pronunciare la messa in latino non dimenticando un passaggio sostanziale qui spiegato dal rabbino capo di Venezia:
«In quella formulazione -scrive il rabbino Richetti- nelle preghiere del Venerdì Santo è contenuta una preghiera che auspica la conversione degli ebrei alla verità della Chiesa e alla fede nel ruolo salvifico di Gesù».

Io non credo. E ne sono orgogliosa.

Voi fate quel che vi pare ma che nessuno  venga a dirmi che l'atteggiamento della chiesa possa rispecchiarsi nelle "scritture", quelle che per alcuni sono sacre.
Questo clero non ha un comportamento meno integralista rispetto a coloro che vengono considerati violenti perché usano le armi.
Le religioni, fin troppo spesso, non hanno bisogno di sparare per fare la guerra.


Intanto aspetto che anche in Italia arrivi la campagna pubblicitaria già presente sui bus in Spagna (ostia, la cattolicissima!): dio non esiste, goditi la vita.

In Italia pare che sbarcheranno a Genova a febbraio. Se non riuscirò a procurarmi il manifesto mi troverò costretta ad andare fino al mare per fotografarlo.

“La cattiva notizia è che dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.”

Olé.



p.s. la Mole non è casuale: la sua costruzione venne iniziata nel 1863 per essere destinata a sinagoga.  per fortuna, comunque, ora è il Museo Nazionale del Cinema.


sabato 10 gennaio 2009

Senza titolo 306




rage against boredom


{subtitle: beauty is everywhere}




[...]

• Mi perdoni... A volte sono sbadato. Non accadrà più. Lo prometto!


• Mh...devo pensarci...non sempre sono così propensa al perdono. Comunque non dimenticherò la Sua promessa.




• So com'è, signorina. La leggo. Non lo dimentichi. Magari, invece, non è come appare in quelle parole. In ogni caso, farò in modo d'ottenerlo (e, soprattutto) meritarlo, questo perdono. La ossequio.


 


• Oh sì, ricordo che legge da me. Quel che Le sfugge -e me ne cruccio- è che mai ho avuto intenzione di apparire diversa da quel che in effetti sono. Quindi parole e immagini, signore, semplicemente sono espressione di me stessa senza apparenza. Tant'è.



• Adoro le sue immagini. Sembra presente una volontà mai sopita di sezionarsi. Di mostrarsi (soprattutto a sé) a brandelli. Non metto in dubbio che sia la Sua vera essenza. E' che, forse, qualche dubbio (sulla vera, propria essenza) dovremmo inocularcelo noi stessi. Tant'è.




• Vede signore, Lei entra in un dedalo dal quale difficilmente s'esce. Mai pensato che il...nocciolo fosse composto d'una sola materia: è un crogiolo di afflati diversi, con peso specifico e colore cangiante. E' una unità composita, come amo definirla. E' il mio il seno fra le mani, è mia la barchetta, è mio il gatto, è mia quella prospettiva d'un corpo steso sul letto. E' tutto mio, è tutto Io. E poi sappia che anche io sono piena di dubbi, di insoddisfazione, di fame e di sete. Io non mi accontento; non mi accontento neanche di (da) me stessa. Niente è mai abbastanza e tutto è goccia essenziale. Mi dica se ho chiarito -almeno approssimativamente- il mio punto di vista...




• Diciamo approssimativamente. Ma, in realtà, vorrei dirLe che ha splendidamente complicato le cose. Così come è giusto che sia. E ne sono lieto.




• Mi pregio d'essere maestra in complicazioni. Tento -davvero!- di raccogliere il capo del filo al fine di farne matassa ma, mio malgrado, questo non mi riesce quasi mai. Eppure non so se esserne crucciata...in fondo qual è la giusta via? Esiste una giusta via? Lei lo sa, signore?




• Mi pregio e mi vanto di non saperlo.




• Di dubbi mai potrò essere sazia.




• Neanch'io potrò mai esserlo...




• I fili si stanno annodando...Lei sa come scioglierli?




• Io li annodo unicamente...Mi spiace.


 




 


[history of a dialogue so surreal to be more than real]










lunedì 5 gennaio 2009

Senza titolo 305





E poi eccomi qui.

Traghettata nel nuovo anno con mezzi di fortuna sono arrivata non del tutto incolume, ma ci sono.

Le feste sono finite, più o meno. Da un certo punto di vista ciò mi fa piacere perché, come sempre, non tollero tutto quello che gira intorno al natale né riesco a comprendere l'obbligatorietà del divertimento a scadenze prefissate. E no.

Ho passato la fine dell'anno a casa, sperando di non portarmi bacilli, germi, virus e quant'altro nel 2009.
La missione non mi è riuscita e temo -tremo- che il mio respiro non sia esattamente a posto, ancora.

Mi ha fatto molto piacere leggere una email che diceva, testualmente:
tornato. dimmi che non hai fatto il capodanno da sola.
dimmelo.
altrimenti vengo lì, porto indietro il calendario e lo festeggiamo di nuovo.


E invece ho mollato tutti: i miei amichetti che mi aspettavano, quelli che mi chiamavano, quelli che mi scrivevano. Ho messo su il pigiama, quella notte, e sul divano ho letto per ore. E mi è piaciuto, capisci? Per una volta non ho voluto forzare la mano; ho accudito me stessa come fossi una bambina, fra sciroppi e compresse grandi almeno due centimetri (ma qualcuno, di grazia, vuole dirmi per quale motivo gli antibiotici debbano avere la forma di un siluro che a tirarlo giù ci si affoga?)

Poi sì, la mia casa si è riempita. Si è parlato quasi solo più in inglese negli ultimi tre giorni. Anzi a dire il vero è da almeno un mese che passo ore e ore a chiacchierare in inglese al punto che al risveglio, la mattina, i miei pensieri sono in questa lingua. Eh.

E ora il silenzio. Ci sono io, io ovunque.