E così è fatta.
Giorni di frenesia e sudore, capelli bagnati e magliette macchiate di vernice; giorni passati a scrostarmi il viola di dosso fino ad arrossarmi la pelle, a togliermi la stanchezza che mi colava addosso e non mi faceva dormire nonostante tutto.
E' fatta. E' viola.
Ora piccole cose odiose: sistemare i cavi dello stereo che paiono essersi moltiplicati -io odio i cavi, i fili, i chiodi, i tasselli, io odio molto in questi giorni- togliere la pittura colata ovunque e conservare qualunque cosa. Sistemare qualche centinaia di libri giacenti sul parquet in camera da letto.
Ieri, dopo una settimana di tour de force, mi sono concessa una cena jap.
Solo sushi, nient'altro; nel frattempo perdevo gli occhi sulle coppie di giovani uomini e donne del secolo scorso che -appesantiti e imbiancati dal tempo, ma con l'anima fresca- ballavano mazurke e alligalli in piazza, fuori dal locale. Sorridevano, loro.
I movimenti non più elastici, girovita in eccesso, occhi spenti dalla miopia eppure si davano alle note di una bionda platinata vestita da messicana che dal palchetto tirava le fila di una serata diversa, per loro.
Ogni tanto mi scappava un sorriso.
La persona con la quale ho condiviso gran parte della mia vita passata che raccoglieva i noodles con le bacchette; io gli dico che la civiltà ha fatto sì che si inventassero le forchette; una birra Sapporo a placare lo sfrigolio del wasabi nelle narici; odore di pesce nelle mani -ma come è possibile?-
E poi il gelato.
E poi a casa il caffe.
E poi grazie d'avere insistito per tirarmi fuori da casa.
E poi è passato un anno da quando è andato via e quando lo guardo lo sento mio fratello. Sui generis, ma niente altro che un fratello. E gli voglio bene per come è, per come si perde guardando questa casa che era anche sua, rinnovata e fresca di me.
Senza nessuna voglia di tornare indietro ma anche senza la paura di guardare il passato con sguardo tenero e delicato, scevro di rancore, pulito.
Ci prendiamo un po' in giro mentre il dvd passa The Cult in concerto. Dimmi tu come potevi amare loro e i Kiss. Sput. E lui accenna un sorriso, glielo avrò chiesto un migliaio di volte in dieci anni passati insieme. Liberiamo dalle fameliche attenzioni dei gattini una coccinella entrata in casa. Oggi le comiche.
Passa così la mia prima giornata di libertà da me stessa in versione kapo.
Giorni di frenesia e sudore, capelli bagnati e magliette macchiate di vernice; giorni passati a scrostarmi il viola di dosso fino ad arrossarmi la pelle, a togliermi la stanchezza che mi colava addosso e non mi faceva dormire nonostante tutto.
E' fatta. E' viola.
Ora piccole cose odiose: sistemare i cavi dello stereo che paiono essersi moltiplicati -io odio i cavi, i fili, i chiodi, i tasselli, io odio molto in questi giorni- togliere la pittura colata ovunque e conservare qualunque cosa. Sistemare qualche centinaia di libri giacenti sul parquet in camera da letto.
Ieri, dopo una settimana di tour de force, mi sono concessa una cena jap.
Solo sushi, nient'altro; nel frattempo perdevo gli occhi sulle coppie di giovani uomini e donne del secolo scorso che -appesantiti e imbiancati dal tempo, ma con l'anima fresca- ballavano mazurke e alligalli in piazza, fuori dal locale. Sorridevano, loro.
I movimenti non più elastici, girovita in eccesso, occhi spenti dalla miopia eppure si davano alle note di una bionda platinata vestita da messicana che dal palchetto tirava le fila di una serata diversa, per loro.
Ogni tanto mi scappava un sorriso.
La persona con la quale ho condiviso gran parte della mia vita passata che raccoglieva i noodles con le bacchette; io gli dico che la civiltà ha fatto sì che si inventassero le forchette; una birra Sapporo a placare lo sfrigolio del wasabi nelle narici; odore di pesce nelle mani -ma come è possibile?-
E poi il gelato.
E poi a casa il caffe.
E poi grazie d'avere insistito per tirarmi fuori da casa.
E poi è passato un anno da quando è andato via e quando lo guardo lo sento mio fratello. Sui generis, ma niente altro che un fratello. E gli voglio bene per come è, per come si perde guardando questa casa che era anche sua, rinnovata e fresca di me.
Senza nessuna voglia di tornare indietro ma anche senza la paura di guardare il passato con sguardo tenero e delicato, scevro di rancore, pulito.
Ci prendiamo un po' in giro mentre il dvd passa The Cult in concerto. Dimmi tu come potevi amare loro e i Kiss. Sput. E lui accenna un sorriso, glielo avrò chiesto un migliaio di volte in dieci anni passati insieme. Liberiamo dalle fameliche attenzioni dei gattini una coccinella entrata in casa. Oggi le comiche.
Passa così la mia prima giornata di libertà da me stessa in versione kapo.
E la notte scorre fuori e in un sonno di poche ore.
E mi risveglio pensando che oggi è il 24.
E ho un pensiero attaccato addosso, le tue prime parole per me: puoi fare di me ciò che vuoi.
Ma questa è un'altra storia.
E mi risveglio pensando che oggi è il 24.
E ho un pensiero attaccato addosso, le tue prime parole per me: puoi fare di me ciò che vuoi.
Ma questa è un'altra storia.
E allora raccontacela quest'altra storia...!
RispondiEliminaSerena domenica.
Gianni
c'è una premessa sottintesa nelle frasi sfacciatamente belle (come lo è -appunto- quel 'puoi fare di me ciò che vuoi') ed è formata da tre parole:'in questo momento...';
RispondiEliminaa vent'anni si interpreta questa premessa come un'onta ma poi, se sguazziamo nella vita senza aver paura di imparare, ci capisce che è un valore aggiunto;
a..
24.
RispondiElimina?
strana data.
bacio
Leggo sorridendo e mi sembra di sentire odore di tempera e pesce crudo......si può essere partecipi della felicità altrui.....terapia olistica....chemical free!
RispondiEliminaArepoSator
RispondiEliminaLa storia la sto raccontando, a pezzetti, da un anno esatto.
Basta leggere...:)
a..
Ma sai che penso proprio sia stata la bellezza sfacciata di quelle parole ad imbrigliarmi?
Accezione positiva del termine.
Legame naturale, elettivo. Così.
BibiBibi
Un anno passato d'un soffio.
Ma bello, da questo punto di vista, anche se a tratti doloroso, rabbioso.
Ma compensato da tutto il bello che ho avuto e ho.
Ilovestrix
Macché terapia olistica!
Ti darei un rullo in mano e poi vorrei vedere la tua felicità, né.
Ciao:)
buongiorno lait ! dì la verità.. chi e' quel pazzo che ti ha dato carta bianca ? non oso pensare come lo hai ridotto . vergognati :-)
RispondiElimina...
mi raccomando i terminali razzati , non distruggerli con i pennelli e solventi . uff..
certe volte passo in punta di piedi,
RispondiEliminachè a dir qualunque cosa ho
l'impressione d'esser di troppo..
ci son cose forse troppo intime,
cose che ci vorrebbero giorni, mesi
e forse anni per spiegarle.
e poi altri giorni per capirle.
è un bel post questo.
e poi io amo il jap!!!
Matt
RispondiEliminaMa magari! :)
Tutto è temporaneo, lo sai no?
I 'terminali razzati' sono a posto, scrostati a dovere ma sempre curati e idratati.
Chota
Sì, immagino la sensazione di sentirsi di troppo o comunque di non sapere come intervenire se non rischiando di essere fuori luogo.
Però chi scrive sa -e deve mettere in conto- di potere andare incontro anche a fraintendimenti, intromissioni...nei quali casi io, sicuramente, saprei reagire
riflessioni razionali
RispondiEliminae la vita, la tua vista anche da fuori, aiuta e rende le cose più semplici
baci
max
Un passo che devo riuscire a compiere ma che ancora mi pare difficile
RispondiEliminaMi permetto di leggerti serena.
RispondiEliminaQuesto mi piace.
Mi piace conoscere belle persone come te.
Daniele
(Buongiorno)
MemoriaLiquida
RispondiEliminaNon so quanto renda più semplice il 'vivendo' -ché il vissuto è già bell'e andato, affrontato e in qualche modo vinto-
Rimane il fatto che io semplice non sia e di conseguenza che quel che mi circondi non possa esserlo.
E quindi si va avanti a muso duro, pronto al sorriso:)
DarkSideOfMe01
Quale passo?
Qui ci sono camminate di dieci anni, sai quanti passi...
Daniele
Sono...pacata.
Ecco, pacata mi sta. Serena è un po' troppo e poi magari mi annoio:)
concordo sul viola , che fra l'altro coi parquet sat sempre bene...e...fra 40 anni la platinata vestita da messicana potrebbe essermi famigliare, in una vecchiaia di frenetica singletudine
RispondiEliminati abbraccio bella, bel post davvero
Hai iniziato a far di lui ciò che "volete"?!
RispondiEliminaRouge
RispondiEliminaFra quarant'anni la platinata credo non ci sarà più (e neanche io, quindi non correrò il rischio di essere con te a ballare l'alligalli).
Un bacio.
Concretezza
Mh...non lo so.
Ovvero sì, ma anche no.
Qualcosa tipo 'è (im)possibile'
Pensavo a quanto tempo sia passato dalla mia prima lait*tura di te..e ricordo sorridendo che e' tanto e come allora eri presa dai pennelli e dalle tinte..e come allora mi lasciavo prendere dal tuo modo d descrivere e colorare..e mi sembrava di esserci stato davvero in quella stanza tanto da aver male le braccine dal far di rullo..dicono alcuni che e' passata tanta acqua sotto i ponti..ma non hanno visto gli inverni caldi e i ruscelli smunti forse..hai controllato se hai tolto bene tutti tutti gli *skocch* dai bordini?
RispondiEliminaNon ci crederai, ontheriverbank, ma avevo dimenticato il nastro-carta nella lampada dello studio.
RispondiEliminaChe mestiere orribile. Mai più, ecco.
Le braccia fanno male a me, che di rullo sono andata giù pesante per quattro giorni e ho imparato ad avere il male ai polsi e a tutte le articolazioni.
E no, non devo essere vecchia: c'era qui un 19enne che per mettere il nastro alle finestre e stuccare qualche buco non si alzava prima delle nove e si è fatto anche venire la febbre; e il rullo...uh, che fatica, non ce la poteva fare.
me l'avevan detto che invecchiando si gradiva essere circondati di gioventu'..in effetti da quando ho la cameriera ucraina 20enne sono un altro uomo:D...come ti capisco :-)
RispondiElimina