mercoledì 31 dicembre 2008

Senza titolo 304





un cuore grande così



questo è stato un anno d'amore.

amore per me stessa.
così fragile proprio nel momento in cui ci sarebbe stato bisogno di tutta la mia forza; momenti in cui non ne ho avuta neanche per accudire non solo i miei sensi ma soprattutto il mio stato, giorni e mesi di mancanza di fiato  e dissolvenza, attimi in cui ho pensato di non farcela fisicamente a sopportare tutto e poi il guizzo per riuscire ad infondere nel mio prossimo -il mio amato prossimo, non il mondo intero- fiducia e parvenza di forza. e così ce l'ho fatta, senza fiato ma ce l'ho fatta.

amore perduto.
ché alla mancanza di mia mamma non riesco a rassegnarmi; ho vissuto una vita staccando uno ad uno i petali di rosa, conservandoli in luoghi nascosti e inaccessibili dentro di me, con la certezza di non poter sopravvivere  alla mancanza più grande. poi è mancata, la più grande. non sono riuscita a piangere, lasciando che il personaggio si anteponesse alla persona e facendo sì quindi che di me si notasse la parte impenetrabile e altera. è servito a ricostruire dall'interno un'impalcatura che, seppur fragile, è riuscita a portarmi oltre un dolore così incommensurabile. ora è come un nucleo trasparente che vaga fra lo stomaco e il cuore, che si inserisce nei pensieri e che a volte mi dà fastidio. ma non si fa senza.

amore labile.
come un fuoco fatuo, come provare ad accendere un camino con la legna umida, tanto fumo e poco calore. così poco che, pur di crederci, l'ho inavvertitamente mischiato alla umana compassione nei confronti di chi palesemente è più debole di me. amore verso chi parla d'amore sperando che le parole da sole siano sufficienti e contraddicendole ad ogni pie' sospinto. di questo amore sono ancora capace perché è rimedio al rancore, la panacea contro quel filo di cattiveria che mi affiora sulle labbra misto ad un sorriso sarcastico e a me il sarcasmo non piace.

amore tenero.
quello che mi fa sorridere dentro, che senza fatica è riuscito a scavarsi una nicchia e lì se ne sta tranquillo e dispettoso. mi urta appena facendomi rigirare all'improvviso e mi sorprende con un sorriso ineguagliabile che mi fa dimenticare tutto almeno per un attimo. quell'amore di cui dovrebbero essere piene non solo le fosse ma anche gli occhi, l'amore verso il sasso nella pozza d'acqua che sembra cheta fino a che disegni di cerchi concentrici non la agitano. l'amore soffio di vento che increspa il filo e fa venire i brividi. l'amore che non è per sempre ma è sempre.

amore amante.
di una notte e un giorno, di un viaggio improvviso e nodi da sciogliere, di sbandamento e capogiro; amore emozionale così forte da sentirne ancora il sapore in bocca e così veloce da non distinguerne più il profumo. di quello senza prova contraria, che nasce e finisce nel momento in cui si voltano le spalle ma che riesce comunque a lasciare traccia. sabbia che si disperde fra le dita lasciando qualche granello sotto le unghie, amore in frammenti e piccoli particolari essenziali.



...si addormenterà per svegliarsi, pochi istanti dopo, nella luce accecante del nuovo giorno.
ma fra qualche ora, fra un giorno, forse fra tre o cinque o vent'anni,
sentirà una fitta diversa prendergli il petto o il respiro o l'addome.
nonostante siano trascorsi tanti anni, o solo un'ora,
ricorderà il suo amore e rivedrà gli occhi come li ha visti quell'ultima volta.
allora saprà, con una determinazione commossa e disperata, che non c'è più niente da fare.
pvt





domenica 21 dicembre 2008

Senza titolo 303







winter is coming


Era un'alba fredda, livida.
Dalla finestra vedeva i tetti ghiacciati.
Stringeva sé stessa fra le mani scaldandosi in un abbraccio sterile.


Le parole si disegnavano sul vetro appannato dal suo respiro.


Un panorama in bianco e nero le si conficcava negli occhi mentre cercava di raccogliere spirito e passione spersa fra le lenzuola.


Immaginava una giornata lenta e profonda.
Desiderava non avere tempo da sgranare.
Aveva domande senza risposte e parole aspre da frammentare in sillabe.
E infinito silenzio.





• sono io.
• e dunque?
• apri.
sentiamo quale fantascientifico accadimento ha da raccontarmi, questa volta. sbatte la porta dell'ascensore, non suona. spalanco la porta. lo guardo lì, sulla soglia.
• cos'hai negli occhi?
• te
• poche cazzate gioia: cosa vuoi?
• te







giovedì 18 dicembre 2008

Senza titolo 302






amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stessa





Guardami come lentamente sto cadendo dentro le parole.


Guarda come piano mi avvolgono con spire incontrollabili: le sento entrare in bocca

seguendo un percorso inverso, combattendo contro l'aria che automaticamente espiro,

infiltrandosi in ogni piccolo bronchiolo e in ogni cellula e in ogni globulo e facendomi loro.


Posseduta da un amore senza inizio e senza fine mi lascio prendere

dall'eterea inconsistenza di lui e dalla sfacciata razionalità di lei e dal contrario di tutto questo.


Faccio sì che il tono della voce immaginaria cambi in lui e in lei

senza soluzione di continuità lasciandomi aprire il ventre e mischiando il mio e il loro amore

così da non essere più distinguibile quale sia il mio sangue e quale il loro

e chiediamo a voce univoca di affondare la lama e di sfilacciare ogni ostacolo fino a lì

fin dentro e oltre il plesso solare.

Squarciata e attonita dico sì.


Sì.





lunedì 15 dicembre 2008

Senza titolo 301






waiting for me



Una giornata per me.

Poche parole: il numero rasenta lo zero se si esclude una telefonata in ufficio e due righe scritte.

Vado avanti con uno dei libri che sto leggendo -che tu sia per me il coltello- e mi piace tanto.
Lo sento molto mio; mi permette di lasciare andare riflessioni sul passato e sul futuro, mi fa pensare a quello che vorrei.
Perché sì, anche io vorrei che qualcuno mi raccontasse tutto e vorrei raccontare tutto a qualcuno e invece va sempre che io ascolto gli altri ed eventualmente intervengo ma di me, di quello che sento io parlo proprio poco.
Lo faccio per metafora, mi collego a discorsi altrui, inserisco in fatti generali piccole perline invisibili di una vita che mi passa addosso strattonandomi a volte, prendendomi per mano altre.
Sempre, però vissuta. Trasportata e graffiata e carezzata.

Quindi oggi ho mal di stomaco. Ce l'ho da ieri e, si sa, il mal di stomaco limita i rapporti umani. Un po' come mangiare la bagna caoda: non si parla con nessuno, si respira a malapena.

Ho voglia di sentire qualche persona. Andrea, soprattutto. Sì non è una novità, piuttosto una costante.
Ma è una delle poche persone -l'unica?- che spalanca tutte le mie porte con una folata di vento fresco e porta via malesseri facendomi sorridere ancor prima di sentirne la voce. E' quello che, in uno dei momenti più angoscianti che io abbia vissuto, mi ha detto "tesoro io sono qui per farti ridere. io ti racconto cazzate perché ho voglia di sentirti sorridere anche se non è il momento".
E' quello che, nella stessa occasione, mi chiamava per raccontarmi le favole. Le inventava e me le raccontava e io lì, distesa sul letto, a vedermi bambina come la piccola fiammiferaia finalmente felice per aver venduto uno zolfanello.
Cose che hanno un valore così immenso da non poter essere quantificato.

Ho sognato mia mamma.
Era bellina, con gli occhi truccati e il suo immancabile rossetto color mattone. Qui in soggiorno, con due uomini mai visti. Mi ha detto di mettermi affianco al divano, in piedi, perché lì avrei avuto alcune sensazioni nuove. Mi sono alzata dal divano, lei appoggiata allo stipite della porta con quei due  faceva un suono strano dicendo parole incomprensibili. Poi si è avvicinata sorridendo e io mi sono svegliata.


Comunque piove.
Piove così tanto che stamattina, rientrando a casa, la mia macchinetta è caduta dentro un fosso: voleva forse fare un giro nel cantiere  della metropolitana?
Avanti, tutti in smart.


La pioggia lava via.







venerdì 12 dicembre 2008

Senza titolo 300





{today is the first day of the rest of your life}



Metto su American Beauty.


E' che sto pensando a quanta rabbia e insoddisfazione venga contenuta, covata, riservata, preservata e tenuta segreta dalla maggior parte delle persone.
Soprattutto dalle persone che stanno assieme, quelle che si chiamano coppie.

Oh no, non intendo generalizzare.

Qualcuno che si ami e stia bene insieme c'è di sicuro. Ma ho come l'impressione -certezza, in pratica- che la maggior parte si sopporti, si tolleri a malapena.
Sopravviva ecco, per motivi a volte validi ma fin troppo spesso per opportunismo.

A dire il vero non me ne frega niente. Anzi a volte mi scappa da ridere.
Però che tristezza.

Io so che ho passato quasi dieci anni con una persona e che l'amore è finito dopo qualche anno.
Siamo andati avanti fino a diventare fratelli e siamo stati fortunati a non esserci mai odiati.

Poi io ho deciso.
Una decisione scomoda per tutti, per me prima di tutto. Però ora siamo amici e abbiamo cancellato con un colpo di spugna la nostra unione fraterna -eccheschifo- senza umiliarci l'un l'altro, senza scenate e senza stracciarci la pelle. [ora lui sta guardando l'amica della figlia e i petali iniziano a esplodere].


Ma come fate, voi?

E' forza, la vostra, o solo estrema debolezza?

Soprattutto, ricordate ancora cosa sia l'amore?


martedì 9 dicembre 2008

Senza titolo 299





ma tu chi sei?



Bagno di folla, in questi giorni.

Sabato Torino era splendida e luccicosa e tutta tirata a lucido scintillante, con le vetrine che dicevano comprami comprami e quante persone dentro e fuori e intorno.

Quanto ho camminato e parlato e spiegato, quanto mi sono sentita orgogliosa di far vedere angoli e colori, e quanto freddo, quanto.

E chiacchiere e pesce crudo. E fare incetta di cose proibite. E non passare dal medico neanche a morire.


E in tutto questo continuare a chiedermi: ma tu chi sei?

Davvero, dico. Quale parte di te ho conosciuto, quale hai millantato, quanto di quello che so è vero? E come stai, come ti trovi, hai ripreso con te l'anima o l'hai lasciata perdere, cibo delle tue cazzate? Sei solo o hai qualcuno vicino, nonostante tutto?

Rien à faire.

Frullo tutto e viene fuori sempre la stessa domanda. Quindi non mi rimane che passarci sopra -perché di rabbia proprio non ne ho, solo una briciola di compassione ma sinceramente preferirei detestarti- e con la Barbarella troviamo soluzioni vaneggianti e ci scappa da ridere.

Un po' di amarezza, questo sì.

Sai perché? Perché in fondo abbiamo le mani piene di cose da dare, da darti. Tipo vicinanza, affetto, risate, comprensione, presenza, disponibilità.

Ora a tutto questo ci balliamo su. Giriamo e giriamo fino a perdere l'equilibrio, ci facciamo prendere dal capogiro e ricominciamo a girare. A far girare. Parole, tutte vere.

Perché io so chi sono. Sappiamo chi siamo. E chissà quante cose dobbiamo ancora scoprire.


Bello, no?



venerdì 5 dicembre 2008

Senza titolo 298






io scelgo per me




C'era una volta il partito radicale.
L'ho votato fino a che è esistito, dal mio primo voto in poi.
Poi è successo il puttanaio e la scissione e ora c'è uno che è diventato baciapile, l'altra che sta gomito a gomito con quella che usa il cilicio (la gogna, la gogna!), l'altro che sopravvive a qualunque privazione ma non ha più voce in capitolo.

E comunque oggi ho sentito parlare Emma Bonino e finalmente ho sentito di nuovo il politico rispecchiare il mio ideale. E parlava di 194 e testamento biologico e diritto costituzionale al rifiuto delle terapie atte alla mera sopravvivenza.

Dunque io scelgo. E lo faccio anche qui.

Nel 1991 trovai in farmacia un dépliant in cui si parlava di donazione d'organi. Lo lessi, mi informai. Compilai la scheda e la spedii al Ministero della Sanità: dopo la morte desidero donare organi e tessuti.
Nel 2000 il medesimo Ministero propose il quesito -si parlava di silenzio assenso, finalmente- e io ho espresso nuovamente il mio parere.
Nel 2003 la regione Piemonte ha fatto autonomamente una sorta di database e ho scelto, ancora una volta, di donare organi e tessuti.

Ora porto sempre con me, nel mio portafogli, queste tre tessere accompagnate da una dichiarazione olografa in cui reitero la mia scelta e in più dispongo che nessun accanimento terapeutico debba essermi riservato; di conseguenza rifiuto il trattamento farmacologico, l'alimentazione e l'idratazione forzata e il mantenimento in vita grazie alle macchine e alle cure stesse nel caso in cui fossi vittima di trauma cerebrale irrevocabile o -peggio ancora- nel caso in cui dovessi a causa di malattia o incidente essere o divenire non autosufficiente.

Chiunque mi conosca lo sa. In ufficio, in famiglia, le mie amicizie: tutti sono a conoscenza della mia scelta.


Ora voglio sapere per quale motivo un insulso ed emerito sconosciuto dovrebbe decidere per me il contrario di quel che io voglio.

Pretendo di disporre di me stessa, in virtù del fatto che la vita per me non è trascendente dalla pura permanenza viva e vitale in terra, non aspiro al paradiso né me ne fotte una beata mazza di sedere alla destra del padre.

Pretendo anche che tutto questo venga accettato senza discussioni tenuto conto che è un diritto sancito dalla Costituzione -oltre che una mia precisa scelta- e che nessuno possa opporsi direttamente o indirettamente a quando da me deciso.


E qui non c'è tristezza. A me fa paura la sofferenza, non la morte.
E che qualcuno mi dica che una sonda in bocca, una nel naso, una nell'intestino e un'altra nella vescica non sia sofferenza.


Io scelgo la dignità, nella vita e nella morte. E a farsi fottere tutto il resto.


mercoledì 3 dicembre 2008

Senza titolo 297





where is my mind?



Non lo so.

Quanta magia, così tanta che mi confonde.

Ci sono periodi, sai, in cui mi sento tirata da tutti quei mille fili che si dipartono da me per ritornare a me raccogliendo frammenti di vita d'altri.

E sento tutto dentro, nonostante il mio cercare di rimanere sufficientemente distaccata da ciò che non sia strettamente mio.

Ma.

Non è esattamente quello che voglio.

Perché mi piacerebbe essere coinvolta o totalmente assente, le vie di mezzo mi sono sempre state strette e  comunque mi lasciano l'amaro in bocca; vorrei non dovermi imporre l'astrazione e l'estraneità e il sorriso di circostanza -ché poi a me le circostanze mi fanno ampiamente indispettire, spesso-





Io ho amato il tuo sorriso, lo svolazzare allegro della tua gonna elegante e dei calzettoni negli stivali.


Ho amato i tuoi capelli corti, morbidi di cure rigorose, le tue mani rapide tra i fornelli,
le occhiate che mi attraversavano per avere sotto gli occhi due palle di pelo.


Ho amato il rock che mi hai offerto sospirando, ricordando, assaporando le note.


Vissuto intensamente la tua sorpresa per i fiori, strana, si regalano i fiori a una donna di classe, mi pare ovvio.


 

Soprattutto ho amato il tuo sguardo serio ai miei racconti, la tua dolcezza premurosa e consapevole,

la tua pelle di latte, il calore giallo della passione sbocciata.


In quel preciso attimo cristallizzato per sempre, ho amato te.







Domani nevicherà.

Ma quanto mi piace.


 






 



domenica 30 novembre 2008

Senza titolo 296





dedicate to her     




Lei avrebbe scritto un racconto o forse anche costruito una vita fatta di castelli di carta e barchette a vela spaccaghiaccio  e avrebbe disegnato cuori sulla neve e lasciato impronte di piedi gelati sfidando il calore solo trattenuto dall'epidermide sottile e candida, liscia.


Lei avrebbe insegnato la naturalezza delle cose impastando la torta di mandorle, aggiungendo gli ingredienti poco per volta e assaggiando come i bimbi l'impasto intingendoci l'indice dentro e portandolo alla bocca incantandosi poi accovacciata davanti allo sportello del forno a guardare la torta lievitare.


Lei avrebbe parlato con gli alberelli in terrazza che sembravano in montagna, con la neve posata sugli aghi e sulle piccole cime e si sarebbe persa a cercare la forma segreta del ghiaccio e del muschio, avrebbe cercato la cimice che aveva deciso di svernare sulla salvia constatando con sollievo il decesso della stessa e accarezzato i ciclamini trasformati in bucaneve.


Lei avrebbe perduto lo sguardo sulla cascata di luci e stelle colorate neanche fosse stato natale, lampi improvvisi che da terra portavano al cielo carico di speranza di neve ancora neve e freddo, si sarebbe riscaldata davanti ad un fuoco fatto di tronchi secchi e avrebbe portato con sé l'odore di legna bruciata come quello della giacca color della terra.


Lei avrebbe potuto addormentarsi sul letto ancora disfatto, così grande da apparire addirittura immenso e così freddo da sembrare mai usato e così suo da non poter essere confuso con nessun altro letto e così coperto di parole dette e non dette e sussurrate e urlate che a stento non se ne sentiva l'eco, avrebbe nascosto il libro sotto il cuscino e si sarebbe lasciata coprire dai sogni.











 


sabato 29 novembre 2008

Senza titolo 295





a kind of sweetness



così per caso apro gli occhi al mattino rendendomi conto di non aver sentito la sveglia.


forse per via del freddo o della stanchezza, di pensieri che mi sono stati addosso, di cose fatte di fretta ma con attenzione e cura; forse per tutto questo e molto altro, non ho sentito la sveglia ma ho avuto immediata la percezione della neve.


in un attimo scoperta e in piedi davanti alla finestra a vedere il cielo sciogliersi in bianco, i tetti coperti e quel modo che solo la neve ha di rendere ovattata qualunque percezione.


tutto distante e a portata di mano. i sensi addolciti, i rumori smussati, gli occhi pieni e in bocca quel profumo che solo la neve sa dare.


camminarci dentro. sorridendo ogni volta che lo stivale scivola su un piccolo cumulo, preventivando di andare giù sul pavé scivoloso e lasciandomi posare i fiocchi addosso, col sollievo di un desiderio realizzato.





quindici rose rosse





volevo un fiorellino, volevo baci e anche una barchetta di carta.













mercoledì 26 novembre 2008

Senza titolo 294





ego te absolvo



Ma tu pensa: la cattolicissima Spagna decreta che il crocefisso non debba più essere esposto nelle aule.

Ma tu pensa: ho scoperto il neologismo "cristofobia".

Dunque la storia è questa: quel tipo lì, oltre i Pirenei, prima ha autorizzato i matrimoni fra persone dello stesso sesso. Cioè capisci? Due donne, due uomini, possono contrarre matrimonio e chiamarsi ufficialmente famiglia.

A prescindere da quel che io pensi dell'istituto matrimoniale (ma lo dico: è la contrattualizzazione di un amore e in quanto tale mi fa schifo), esiste il dato di fatto che lo stesso è previsto anche per le coppie omosex e che le stesse -in quanto famiglia- possano accedere a tutti i "privilegi" previsti quale, ad esempio, l'adozione.

Capita altresì che un giudice spagnolo sentenzi che una coppia composta da due  donne non possa adottare un bimbo -le motivazioni leggitele altrove- e in virtù di questa cazzata possa essere condannato a nove mesi di carcere.

Ma ritorno al fatto: il crocefisso deve sparire dalle aule scolastiche.

Perché?

Per rispetto. Rispetto, proprio rispetto per la pluralità culturale e sociale e confessionale.
Perché ricordo che le aule non sono chiese né minareti né moschee né templi ma, appunto, aule atte ad ospitare chiunque studi. Perché ci sono religioni iconoclaste per le quali l'immagine è blasfema, perché lo stato -compreso quello italiano- è laico e quindi aconfessionale e in quanto tale deve fare in modo che nessuno venga turbato e ferito (a meno che non cada un tetto, ovviamente. ma questa è un'altra storia).

Signor José Luis Rodrìguez Zapatero, lei ai miei occhi riscatta almeno parzialmente quel che i suoi antenati fecero nei secoli passati in nome di dio -riscatta ma non mi fa dimenticare lo scempio, sia chiaro- e, nonostante sia spagnolo e io non abbia particolare simpatia per il suo popolo, la stimo per questo.

Vivaddio, io al muro ho un uomo: Jim  Morrison. E quella tettina che vedi lì me la mangerei.



domenica 23 novembre 2008

Senza titolo 293




back to the wall




A volte penso che essere donne e femmine sia un compito, una missione.

Credo che comporti una fatica di vivere maggiore, anche grazie -e per colpa- di una sensibilità acuita.

Non mi piacciono le generalizzazioni, non mi piace quindi categorizzare uomini e donne; rimane il fatto che il dato è allarmante: continuano le violenze sulle donne, perpetrate anche da donne.

Guardavo il tg e ho scoperto che l'Italia -detta anche "il bel paese"- ha un record: il maggior numero di infibulazioni in Europa.
L'escissione totale o parziale del clitoride, delle piccole labbra, la chiusura parziale della apertura vaginale è una pratica alla quale vengono sottoposte migliaia di bambine ogni anno.

Perché? Non per motivi religiosi. Non esiste alcun dettato che preveda questo.
Molto più semplicemente è un atto di sottomissione, la negazione del piacere fisico, la discriminazione data dal pensare che una donna non infibulata sia una puttana.
Ecco cosa muove.

E' culturale, sub-culturale. E' tragico, vergognoso, laido. E' senza perdono.

Io credo che la sessualità sia uno dei più potenti motori delle umane relazioni, fatte non solo di atto sessuale crudo ma anche e soprattutto di sensualità, attrazione, interesse, predisposizione verso l'altro.

E il dolore inflitto, il baratro negli occhi di quelle bambine, il fatto che mai più potranno dimenticare e tanto meno tornare indietro mi fa male.

E odio. Odio madri, donne, troie frigide che infliggono alle figlie tanta inutile sofferenza privandole consciamente del piacere, per sempre.

Me ne fotto della cultura, me ne fotto delle tradizioni. Io odio.






 


giovedì 20 novembre 2008

Senza titolo 292



♦close to me♦



Mi tengo stretta stretta, abbracciata forte a me stessa.

Mi cerco in me stessa, ritrovando frammenti di sorrisi e buon umore quanto basta per alzarmi al mattino al buio con poche, veramente poche ore di sonno all'attivo.

Ma tirare su le tapparelle alle prime luci e vedere i tetti bianchi di ghiaccio mi riempie gli occhi il cuore e i sensi. Uscire e esser contenta del vapore acqueo che accompagna il respiro.

Rinchiudermi nella mia nuova sciarpa fiorentina tirando su il bavero del cappotto, mettere i calzettoni sopra i collant, aprire sette scatole di stivali per decidere quali indossare al mattino, sentire il freddo passare sotto la gonna e rabbrividire con piacere.

Coprirmi sempre poco continuando a non avere maglioni nei cassetti ma solo maglie di filo sottile e camicie, ritrovare tutto il nero e le sfumature di grigio, posare la mano sul calorifero che scotta e chiedermi, al solito, come possano i gatti starci sdraiati sopra.

Sono giorni in cui ripenso con distacco a ciò che mi ha urtato ultimamente. Come se fosse l'ennesimo mondo altro, trattenuto a me solo mediante un filo sottile. Un satellite della mia esistenza, un'altra luna su cui posare macerie provando a ricostruire quel castello che sembrava essere. E guardarlo da lontano, senza farmi toccare, come un vissuto andato ma non dimenticato.

Mi confronto con le solitudini altrui convincendomi sempre di più che avere intorno qualcuno non significhi essere meno soli. Parlo di morte dicendo che a me non fa effetto, così frequente intorno a me da sentirla quasi di casa. Parlo di bambini, impartendo lezioni di maternità teorica di cui però sono convintissima. Piccole creature, come sono felice di non avervi mai volute.

Ho bisogno di città. Di traffico e persone sconosciute, di immaginarne la vita e gli impegni, di fare il gioco dei mestieri, di fotografia in bianco e nero proprio ora che i colori predominano anche qui.

Cose piccole. Barchette di carta. Un fiorellino. Cose così.


martedì 18 novembre 2008

Senza titolo 291





guarda gioia, vai a farti fottere


ma proprio così, senza alcun rancore: vai a farti fottere.

non c'è niente di meglio della delusione, per me, per farmi dare il giusto peso a fatti e persone.

continuo a dire che le aspettative sono pericolose ma peggio ancora è deludere il minimo sindacale dei rapporti umani e dell'onestà individuale.

la mia base di partenza è la fiducia totale verso il mio interlocutore: io non dubito a priori, mi piace crederci, forse sono anche un po' boccalona (anzi un luccio, come diceva il mi' pa': io credo a tutto) però non riesco e non voglio imparare ad essere prevenuta verso le persone.

certo questo mio modo di essere è terreno fertile per chi invece vive di stronzate e sotterfugi.

ma quando, dopo aver sbattuto contro il muro dell'evidenza, riesco a comprendere d'avere di fronte non un uomo -una persona- ma un castello di cazzate allora è il momento di dire basta.

quel che mi fa ridere è che pare quasi sia tu ad avercela con me. per questo è bello mandarti a farti fottere.
tu e la tua marea di parole inutili.






Ma.
Leggo un libro che è colmo di amore (bellezza, hai voglia di dire che l'amore non serve).
La Erika mi diceva non è il momento, non leggerlo adesso.
Ma si sa -lo sa anche la Erika- io ho bisogno di contrasti forti per innescare la miccia della reazione.

Che tu sia per me il coltello

Sono seduta in cucina, al buio e in silenzio. Penso a cose insignificanti, ma con un certo ritmo. Ondate ermetiche che crescono dentro di me.
Non capisco perché stia ancora scrivendo, cosa sia questo impulso che non mi abbandona.
Dopotutto non mi dà alcun sollievo. Ogni volta giuro a me stessa di fermarmi un attimo prima che la mano apra il quaderno. Voglio capire. Ma la mano è sempre più veloce di me.
Cerco anche di non pensare a te.
Ma tu, naturalmente, sei sempre più veloce di me.






Proprio per questo dico: vai a farti fottere.
Dove vuoi, con chi vuoi.



{e avere la certezza, un'altra volta ancora, che solo una persona non mi ha mai deluso. ti voglio bene, col cuore.}

 


sabato 15 novembre 2008

Senza titolo 290







Mi piace perché mi ricorda una piccola donna che ha detto -e sono folate, queste-

Mi piace perché scopre le carte e le butta sul tavolo tutte insieme e accetta che io le osservi distrattamente alla prima vista per poi prenderle in mano una per una, studiandole un attimo per poi buttarle di nuovo.

Mi piace perché non c'è silenzio neanche nelle parole sospese e nei discorsi interrotti da altri discorsi interrotti dal mio essere discontinua.

Mi piace perché non c'è nessuna reciprocità e nessun obbligo di informazione e quel che viene è tutto regalato e non ci si fa sconti e il sangue scorre sentito ma non visto.

Mi piace perché non ci si deve niente e tutto è affidato al caso che ci piaccia o meno e se non ci piace si cambia il caso e niente si dà per scontato perché il niente è quello che c'è già.

Mi piace che ci si scopra poco per volta per poi eventualmente riprendersi in mano e ricominciare da capo.


mi piacciono le tue mani curate, la tua bocca chiara, il ciuffo sugli occhi.
mi piacciono le tue gambe, il colore dei tuoi occhi.
mi piace chi ama gli animali e ha rispetto della morte in quanto dolore per chi rimane.
mi piaci perché non mi chiedi il sangue e non hai idea della gente morbosa che gira.
mi piaci perché potremmo fare l'amore senza ragioni apparenti ma solo perchè verrebbe naturale dopo aver parlato per ore.
mi piaci perché appartieni alla neve, come me.
e la nebbia non è un fastidio ma è sempre magica.
mi piaci perché hai buchi vuoti dentro e io, i miei, ho smesso di contarli.
insomma.
ecco.

mercoledì 12 novembre 2008

Senza titolo 289





take care



e così passa un giorno con gli occhi incantati a guardare il cielo basso
con la nausea che mi ricorda una notte livida e non abbastanza fredda
e l'ansia di pioggia che da quelle nuvole dovrà pur venir giù

un giorno di idee chiare e di musica bassa
con i sensi sottotono e gli occhi stanchi
canzoni che mi fanno pensare a anni passati come non so neanche io
e amori e tradimenti e abbandoni e sorrisi e viaggi

devo aver fatto male a qualcuno strada facendo
tanto quanto altri hanno fatto male a me
niente toglie al risultato di me oggi
pronta comunque a dimenticare o conservare in un angolo nascosto

un passato ingombrante ma di cui non mi pento
che affiora in ogni mio sorriso e in ogni carezza
in parole pensieri opere e omissioni

mi dimentico di dimenticarti a volte
e allora ti mischio ad altri pensieri
ti confondo con altri sapori
ti sento parlare in altra lingua
mi lascio sfiorare da mani che non sono le tue
rafforzando il mio essere altra

e intanto ha iniziato a piovere


domenica 9 novembre 2008

Senza titolo 288




it's useless anyway



E' stato casuale ma sono riuscita a indovinarne il senso.
Il senso inutile di un dolore sordo e cieco, un colpo sparato a caso e -guarda caso- lì c'ero proprio io.

Mi sono risvegliata sentendo il sapore delizioso del sangue in bocca.
Il delicato gusto dell'incanto che svanisce proprio mentre sono pronta a fare fuoco.
La fragilità della pelle quando le unghie infieriscono amorevolmente.
Il profilo aspro, il naso ebreo, le righe tondeggianti intorno alla bocca, i capelli sistemati con le bombe a mano.

Passo la lingua sui denti, i canini hanno la loro forma usuale.
Sollevo la testa dal cuscino, punto i gomiti sul materasso e continuo a sentire un respiro.
Ho mani nervose e contratte.
Ferma e immobile inizio a sentire i muscoli guizzare.
Concepisco l'assenza in concreto e in essenza.

Apro la bocca e al posto della parola una goccia di sangue fra le righe delle lenzuola.
Quindi ne ho ancora.
E mi alzo lieve e l'acqua mi utilizza come trampolino di lancio.
Splash.



.








venerdì 7 novembre 2008

Senza titolo 287





a beautiful thing




lo sai oggi ci volevi proprio tu
per farmi ridere appena ho risposto
per farmi sentire le labbra tendersi in un sorriso pieno
per farmi parlare
ma come ci riesci tu come se niente fosse
a farmi dire cose che non pensavo di riuscire a raccontare
e farmi piangere e ridere insieme
e sentirti arrabbiato per la mia rabbia
e deluso per la mia delusione
e dire le stesse cose nello stesso momento
come ti ho sentito vicino in quel silenzio dopo -e tu come stai-
e quanto ho imparato da te e quanto forse ti ho insegnato
quanto mi hai regalato e quanto ti ho regalato
il Dono
tu sei dentro di me
sempre
voglio ridere con te
sempre
ti tengo stretto
come mio amico e amico del mio cuore
sempre



martedì 4 novembre 2008

Senza titolo 286





Chissà se ci hai pensato.

Voglio dire, se hai pensato a quel che cazzo sarebbero state le conseguenze emotive del tuo comportamento.

Ma anche no. Ma anche no. Dovrei capirlo, dovrei saperlo. Dovrei.


Per esempio ho fatto la strada del ritorno con un livore dentro che mi saliva su e a tratti mi accecava. La strada vuota, libera, piena soltanto di me e di un bagaglio di pensieri che inondava le quattro corsie.

Un lunedì che porcaputtana era da un secolo che non ne vivevo uno così.
A domanda rispondevo -se rispondevo- come se mi avessero fatto un torto a rivolgermi la parola.

E intanto i dubbi mi aggredivano.

Quanto sono sicura delle mie certezze, di quel che ho detto a me stessa? Quanto sono sicura che quel che mi sono detta sia davvero quel che sento e non quel che vorrei sentire? -non sentire, meglio-
Quanto non sia una sorta di necessità di convincermi che non esista niente che mi rivolga indietro se non la rabbia per essermi confusa, per aver creduto, non aver dubitato né esitato?

Troppe domande, non ne ho voglia.

E non voglio neanche rabbia né scuse. Voglio solo risolvere questo nodo che ho nello stomaco, che mi lega e che mi fa pensare -ancora e ancora- che non ho sbagliato a crederci.






Intanto sarà un gran sollievo il fatto che le elezioni americane si concludano.
Eleggetevi questo presidente e toglietevi dalle balle, che ora il trend porta a parlare di recessione.

E poi si parlerà di pettinare le bambole e della pioggia battente e di segni zodiacali e alitalia.
Ovvero, tutte cazzate.
No?









domenica 2 novembre 2008

Senza titolo 285





no way out






strada e traffico e acqua
la pioggia lava via pensieri e stanchezza e tengo botta mentre vado incontro ad affetti e effetti contrastanti.

mi perdo dentro un'infinità di occhi cercando occhi che non voglio incontrare
l'aria ha il sapore della sfida verso me stessa
la certezza di dovere essere forte soprattutto per me
ti cammino sopra e ti calpesto sapendo di non farti male
e intanto aspetto la nota dell'indifferenza salvifica e del pensiero sterile
please wait
aspetto ma che arrivi in fretta

e intanto firenze è piena di fiumi di gente
l'uomo che si lava nella fontana
quello che mi si ferma affianco mentre il mio sguardo è impregnato di luce altra e mi dice sei bellissima
e mi scappa un sorriso a guardarlo sorridere
mentre continuo a fermare attimi e respiri
così sospesa e inquieta

è strana la consistenza di queste giornate
mi scivolano addosso e fra le dita si fermano sassolini che vorrei gettare lontano
fuori da me e oltre me
annegarli nel tempo perduto o in quello mai vissuto questo dovrebbe essere
via i fantasmi via le parole inutili via il senso di stizza via la piega di fastidio via gli occhi abbagliati da una luce che non c'è

e in tutto questo perdermi c'è la certezza di chi non mi delude mai
e fare il paragone è un gioco al massacro
non c'è sfida
fra chi non ha mai detto una parola di troppo pur sapendo che l'avrei desiderata
e chi ne ha dette troppe pur sentendo che io non le volevo
fra chi gioca duro e mi rimane impresso
e chi sfodera tenerezza e mi lascia segni inutili
fra chi fa parte del mio amore
e chi avrei potuto amare senza senso

intanto piove
la pioggia lava via




 

giovedì 30 ottobre 2008

Senza titolo 284





on il va



Sì che vado.
Come al solito prima di andar via sono sempre combattuta fra la voglia di andare e quella di rimanere.
Restare fra le mie cose: il mio letto la mia casa i miei gatti la mia città.
Andare altrove: amici, risate, altri luoghi, altri incontri.

Ma sì che vado.
Firenze. A dire il vero mi dà pensieri.
Lì ho lavorato, ho frequentato persone e locali, ho anche avuto un uomo pro tempore -serenamente abbandonato al mio ritorno a casa, dopo cinque mesi allegri-
E poi adesso ho un pensiero legato lì, pungente ma non doloroso, come una nausea latente, un respiro affannato, un'apnea notturna.

Però vado.
Il trolley viola con dentro quel che serve.
Soprattutto con me stessa e la consapevolezza di sapere quello che voglio, almeno per adesso.





Ma tanto ritorno. Oh sì.





lunedì 27 ottobre 2008

Senza titolo 283






sei tu che desideri ardentemente una roba che c'è per metà.
una cosa improvvisa e sorprendente.
ma a metà.

questo vorrà pur dire qualcosa.





Seziono questi giorni in frammenti, sfiancandoli e spossandoli e attendendo che, con un fil di voce, mi chiedano d'essere riposti.

Esamino da prospettive inusuali per evitare di cadere nel tranello del senso di colpa o del rancore.
Sono certa, una volta di più, che non ci sia un senso logico ma neanche cattiveria.
Forse un briciolo di opportunismo -che difficilmente perdono- riesco a scorgerlo, ma ho anche una sportina di giustificazioni da opporre.

Nuoto in un liquido amniotico per niente consolante, senza nutrienti né lenitivi, cercando un sapore qualunque ma che sia un sapore.
Fra lineette di febbre da due soldi passo dallo sgomento al sorriso puro, un po' sfibrata ma con la volontà di non lasciarmi vincere.




sei il tuo baricentro.
non dimenticarlo.


sabato 25 ottobre 2008

Senza titolo 282





sens dessus dessous



E così mi ritrovo.

E così mi perdo.

Ti racconto di Torino. In questi giorni è invasa da persone di tutti i generi.
C'è il Salone del Gusto con tutti i suoi colori e i sapori.
C'è Terra Madre e i contadini.
C'è anche la partita gobbi vs granata, oggi. Che i primi si fottano.
C'è qualche migliaio di poliziotti in giro, e mi sembra anche giusto -forse-
C'è che gli alberghi sono strapieni e guarda caso -oltraggio- qualche milanese non ha trovato posto.
C'è che per strada fanno caldarroste e farinata.
C'è che Turin a l'è sèmper Turin.

Da Eataly c'era il mondo, ieri. Ripensando alle carezze ho preso i plin classici, da condire con burro e Castelmagno.
Ho preso anche una robiola e il pane con la farina gialla, come quello dell'altra volta.
Guardo il frigo, inaspettatamente pieno di altro che non sia roba verde o rossa.
E poi mi guardo intorno. E. No.

Oggi cercavo le montagne verso le valli e, sollevando il naso verso il cielo, ho visto un dirigibile blu.
L'ho seguito a bocca aperta mentre mi volteggiava sopra.
Ho pensato che avrei avuto paura. E poi ho pensato alle mie paure, quelle vere.
A tutte quelle che mi si sono affastellate dentro negli ultimi giorni e che ieri ho visto materializzarsi una via l'altra.
Avrei preferito stare sul dirigibile blu.

Oggi pomeriggio mi sono addormentata.
Ho sognato di essere in una casa strana.
Girando fra le stanze, sono entrata in una dove c'era una signora.
Ho chiuso a chiave la porta e ho fatto la pipì in un vasino mentre lei mi trattava come una bimba.
Poi ho sentito urlare il mio nome. Spaesata mi sono girata intorno e la signora sorrideva.
Urlavi, tu, chiamandomi, cercandomi in tutte le stanze.
La signora mi ha detto °ora vai°  e mi sono svegliata sentendoti urlare ancora distintamente il mio nome.
Con il fiato spezzato, io.
E tremante.


Oh, dimenticavo: ricordi RadioServa?
Stamattina l'ho incontrata e mi ha chiesto se lunedì fossi stata male, visto che ero in casa. Tendenziosa, né?
Le ho risposto che no, stavo benissimo.


Stanotte alle tre saranno le due.  Così, tanto per ricordartelo.










 

mercoledì 22 ottobre 2008

Senza titolo 281





~il y a un fil rouge~



C'è che ho voglia di dare fiducia.

Forse anche di andare contro un'evidenza spazzata via da parole pronunciate con irruenza, tante tante parole che in una notte mi hanno circondata e circuita e stanno lì, a dondolare nell'aria della mia casa.

Si siedono scomposte sul divano, si infilano sotto il piumone, svolazzano nell'ingresso e mi seguono sussurrando °credici°.

Poi c'è la voce fuori campo che parla di ipotetici stati di necessità.
Taci.

E così ancora lascio fare al mio essere naturalmente limpida e vedo anche in te la stessa limpidezza.

C'è che ci voglio credere.

Forse perché non sono capace di fare il contrario, forse perché è dalle prime parole scambiate che ho sentito arrampicarsi dallo stomaco una sensazione di fiducia e affidamento, forse mi sbaglio ma forse anche no, e quindi?

E quindi {è una questione di qualità la tua presenza, rassicurante e ipnotica mi affascina, e gioca col mio senno e lascia ben poche briciole}






 

lunedì 20 ottobre 2008

Senza titolo 280




...e io non so cosa dire né cosa pensare ma so che mi esplodi dentro...


domenica 19 ottobre 2008

Senza titolo 279





⇔come infatti attraverso uno specchio ci si può osservare con cura punto per punto, lo stesso modo il medico deve conoscere l'uomo con precisione, ricavando la propria scienza dallo specchio dei quattro elementi e rappresentandosi il microcosmo nella sua interezza [...] l'uomo è dunque un'immagine in uno specchio, un riflesso dei quattro elementi e la scomparsa dei quattro elementi comporta la scomparsa dell'uomo. Ora, il riflesso di ciò che è esterno si fissa nello specchio e permette l'esistenza dell'immagine interiore: la filosofia quindi non è che scienza e sapere totale circa le cose che conferiscono allo specchio la sua luce. Come in uno specchio nessuno può conoscere la propria natura e penetrare ciò che egli è (poiché egli è nello specchio nient'altro che una morta immagine), così l'uomo non è nulla in sé stesso e non contiene in sé nient'altro che ciò che gli deriva dalla conoscenza esteriore e di cui egli è l'immagine nello specchio.⇔


Così diceva Paracelso. Cazzo, era svizzero!


Oggi mi piace pensare a queste parole. Dev'essere che sono le tre di notte e non accenno ad aver sonno.

Gli specchi, le immagini riflesse, il segreto di quel che c'è dentro e oltre quel che si vede. Mi piace.

E mi piace pensare alla magia. Sprecata a volte, trattenuta altre. Rilasciata sempre.

Parlavo di questo poche ore fa con una persona nuova. Nuova per me.

Strana e improvvisa l'empatia.

Si parlava di stati d'animo e di rabbia e di magia; anzi, si accennava a tutto questo. Vorrei ci fosse il tempo per riparlarne, o parlare  d'altro. Febbre permettendo.


E ripenso alla chimica, ai quattro elementi, ai sali. E alla bellezza.



(e chissà se poi tutti questi pensieri mi faranno sognare di cadere ancora e ancora)









 

giovedì 16 ottobre 2008

Senza titolo 278






Sai cosa?

Non sto meglio, non sto bene. Sto.

Continuano a disturbarmi certi comportamenti violenti pur senza violenza fisica.

Io non sono all'angolo, sebbene possa sembrare. Sono presente a me stessa e pronta a prendermi le mie eventuali responsabilità. Tu devi farmele conoscere, però. Perché non posso sentirmi in colpa per qualcosa che non so. Proprio mi rifiuto. Devo cambiare, io. Smettere di pensare di aver fatto qualcosa che abbia potuto urtare la tua suscettibilità. Smetterla, davvero.

E basta.


Ieri guardavo in tv un programma in cui si parlava della mia città.
Dei triangoli neri e di quelli bianchi, della sua bellezza, della magia e di inizi e fini.

Dico che io assomiglio alla mia città.
Dico che se domani deciderò di andarmene da qui il mio cuore non si muoverà anche se fisicamente lo porterò altrove.
Perché la sua cupezza è il contraltare della luce che ha dentro. Non ce l'hai in mano: devi conquistarla. E' cortese ma non accondiscendente. Ti mette spalle al muro se tenti di forzarla.
E poi, mai per caso anche se all'improvviso, ti offre tutto. Tutto quello che ha.

E non te la dimentichi, mai.


mercoledì 15 ottobre 2008

Senza titolo 277





e in un attimo io odio



Quel giorno che si è permesso di darmi uno schiaffo l'ho guardato e mi si è allargato un sorriso: è l'ultima volta che ti capiterà di toccarmi. Lui ha cambiato espressione, la rabbia in un attimo gli ha trasfigurato i lineamenti diventando terrore. Sapeva che non erano parole a salve.

Quella fu l'ultima volta che lo vidi; i primi tempi i suoi amici mi chiamavano a casa per dirmi quanto lui stesse male, sai somatizza, ha le allergie, dimagrisce a vista d'occhio, non riesce a lavorare. E io, dall'altra parte del filo, in silenzio fino a che anche le loro parole svanivano nel niente. Dopo qualche mese lui iniziò a chiamare mia mamma per dirle quanto mi amava, e quanto gli mancavo, e quanto era pentito, e non è mai successo e non succederà mai più. Mia mamma rispondeva con le mie stesse parole: è stata quella la tua ultima opportunità di toccarla.

E poi, per dirla tutta, mi offrì l'occasione per lasciarlo senza sensi di colpa. Vaffanculo così, senza neanche fiatare.


E oggi rientro a casa dopo una giornata tutto sommato lieve; a prescindere dall'incontro mattutino con la cimice che faceva la doccia con me -morire al mattino sotto la doccia- ho scambiato parole e sorrisi in pausa pranzo fra un pezzo di sedano e una scaglia di parmigiano.

Rientro, parcheggio, mi passa sopra la testa un telefono cellulare e una coppia cammina a passo sostenuto. Lei si inchina, io mi volto e chiudo la macchina. Attraverso e ho quei due di nuovo davanti, a una decina di metri. Cerco le chiavi di casa e con la coda dell'occhio vedo i capelli di lei che si allargano sulla testa, come Medusa. Non realizzo. Osservo, mentre loro camminano e io vado verso casa.

Un urlo soffocato, lui: chi è? E parte la mano a raggiungere la nuca di lei, che cade per terra.

Mi blocco. Immobile. Attonita. Lei muta. Si volta verso le macchine parcheggiate, lui le dà ancora un colpo e le fa sbattere il viso sull'auto. E lei ancora muta. E io anche. Lui è un armadio vestito con camicia bianca sopra i jeans, lei la conosco, lavora qui intorno.

Mi volto, affretto il passo e vado al comando della Polizia Municipale. Dico quel che succede. Mi volto e lui ancora la sta picchiando. Escono i poliziotti (sei dico sei, di cui tre donne) e mi seguono verso la coppia. Lui, indifferente, si allontana. I poliziotti fanno capannello intorno a lei: occhi neri, il viso tumefatto, piange.

Ci scambiamo uno sguardo, lei ed io. Io la compatisco. Vorrei accarezzarla, anche. Ma la compatisco.
Vado a casa.

Storie di ordinaria follia.
E chissà come mi guarderà, lei, quando sabato andrò nel laboratorio a fare le analisi.
Chissà se sarà in grado di guardarmi.
Io sosterrò te e il tuo sguardo, se vorrai.





domenica 12 ottobre 2008

Senza titolo 276




¤in blue¤



Mal di testa, un po'.

E' che andare a letto alle quattro e mezza e risvegliarsi alle sei non è sano. Un gatto che mi cammina sulla schiena e l'altro a leccarmi gli occhi. Sì che fanno tenerezza, anche dopo un'ora e mezza di sonno. Ma viene il mal di testa.

Lì fuori è ancora buio di quel buio che si mangia la luce che arriva lenta. Non ci sono stelle. Lì fuori non c'è niente, non ci sono neanche più le montagne questa mattina. Chiudo gli occhi e me ne invento il profilo, quello che vedo da sempre.

Come fossi bambina affacciata alla finestra che dà sulla piazzetta di Chiomonte, a sentire l'acqua che scende dalla montagna di fronte; scosto con la mano il panetto di burro che mia nonna usa tenere lì, la notte. Poggio i gomiti sul marmo ghiacciato e aspetto che faccia luce, oggi si va al mercato di Susa, la nonna mi compra gli stivali di gomma. Che belli i miei stivali di gomma. Con quelli posso entrare nella casetta delle capre, posso andare a funghi col nonno, posso immergerli nel fontanile dopo aver sfondato il sottile strato di ghiaccio. Come sono bella con i miei stivali di gomma e la calzamaglia di lana. Posso andare anche davanti alla casa di Gualdina a lanciare i sassolini contro il portone: lei viene fuori urlando e io scappo. Tanto ho gli stivali di gomma, io.




E intanto la luce si fa avanti. E le montagne non le vedo ancora. E c'è questa aria fresca che mi intirizzisce e sì, è l'ora del caffè. 

giovedì 9 ottobre 2008

Senza titolo 275





it doesn't matter





More or less.

In realtà sto cacciando a calci nel culo una quantità indicibile di domande alle quali con molta probabilità non avrò risposta -domande che forse non porrò mai- e questo mi costa fatica. Inutile. Sprecata. No?

Ché la fatica è nobile quando non sterile. Così, a cosa serve?

Intanto indosso una giacca a caso prendendola dal mio armadio delle gonne. Dissonante. Allarmante. Non è un caso. E' caos.
E' quel piacevole e spossante incrocio di due vite che si attraggono per poi negarsi.

E' un messaggio subliminale: io c'ero. Lo so. Spossessarmi del pensiero non sarà facile. Lo so. Neanche vorrei. Lo so.












martedì 7 ottobre 2008

Senza titolo 274




{la rêveure}





e mi preparo perché tanto so che quel che dovrà accadere accadrà inevitabilmente

è uno spettacolo questo impianto industriale visto di notte sembra una città sul niente una dieci cento torri di luci alte e altissime che solo a guardarle mi viene il capogiro

e mi avvicino in una strana sospensione mentre sento i muscoli dorsali irrigidirsi in attesa di quello che anche loro sanno avverrà

il fumo candido mi attrae mentre sento brividi tesi lungo la schiena mi sento seguita ma non mi volto la cadenza del passo si fa più veloce cammino nel niente un  niente bianco  neve e freddo paura che inizia a strisciarmi sotto la pelle

e mi spinge mentre già sento la forza di quelle mani che non so sulla schiena un colpo secco e vado giù mentre sospendo il respiro e conservo energia per la prossima che verrà

cado nel niente sento solo terrore niente male lampi bianchi nel buio totale  non farlo non farlo ancora e cado e poi in piedi e poi ancora mi spingi e non oppongo resistenza mi lascio cadere come se fosse un pegno da pagare

ogni volta un pegno da pagare fino al risveglio


sabato 4 ottobre 2008

Senza titolo 273





E' tempo d'avere freddo.

Non ho neanche il fastidio di dover fare il famigerato cambio dell'armadio: mi basta aprire un'anta piuttosto che un'altra et voila, la mia roba è pronta. E' uno dei lati piacevoli dell'essere [da] soli.

Apro un cassetto e una valanga di calzettoni salta fuori come il clown dalle scatole magiche; ne apro un altro e i collant mi sorridono al pensiero di stendermisi addosso.

Oggi, poi, è stato il giorno del cambio di lenzuola. Frutti rossi in abbondanza sul mio letto, a parlarmi di golosità e parole che -chissà!- forse non sentirò più.      [distrazione dolce frutto rosso selvatico]

E' stato anche il giorno del piumone. Il piumone color smart, la mia smart color ghiaccio. Ché ho patito il freddo in queste notti vuote di sonno, in cui il solo pensiero di rigirarmi in due metri di materasso mi faceva rabbrividire.

Il Monviso è spruzzato di neve. Stamattina, andando da Eataly a comprare il pesciolino, l'ho visto in tutto il suo essere splendido. Ho avuto  voglia di abbracciarlo, voglia di essere lì su e di afferrarmi a braccia nude ad  una roccia per dirle quanto la amo, quanto mi riempie lo sguardo e il cuore e i sensi ogni volta che, aprendo gli occhi, la vedo stagliarsi in quel cielo che -senza- sarebbe nulla.

E' tempo di musica tenue, di quella che fa accendere la spia dell'emergenza emozionale.

Non sono mai riuscita a nascondermi, piuttosto mi eclisso.

Questo è il momento in cui preferisco stendere all'aria sensazioni contrastanti; ammetto di essere preoccupata per me, per te - la mancanza di congiunzione non è un caso, mio malgrado-; ammetto di avere bisogno di altro che non sia io, sempre io. La B*ella dice di comprendere la mia non-reazione, ma lei è avvantaggiata dalla conoscenza di me in maniera spontanea, non veicolata da quello che vorrei far pensare ad altri né da atteggiamenti di circostanza di cui a volte faccio (ab)uso, a mio rischio e pericolo.

Tant'è.






giovedì 2 ottobre 2008

Senza titolo 272






Why can't you be just more like me,
Or me like you.
And why can't one and one
Just add up to two.
But
We can't live together
But, we can't stay apart.








Non voglio far diventare niente un punto di debolezza, niente.

In fondo detesto le mie debolezze e quando mi si presentano le combatto tanto da stremarmi.
E vinco.

Che ci siano è un fatto indubbio - che mi piaccia o meno pare che anche io sia umana - però non voglio farmi surclassare da loro.

No.

E chi mi sta intorno - ovvero le poche persone alle quali permetto di starmi vicino, e tu lo sai - sa che io sono anche questa.

E sono assolutamente libere di dirmi qualunque cosa, di osservare le mie azioni/reazioni, di ridere.

Sanno del mio ciclico chiudermi in me stessa e ritornare su all'improvviso, rimanendo ad osservarmi ma non tirandomi per i capelli.

Ché io non voglio ragni fra i tacchi e nidi di colibrì fra le ciglia.

Pioggia sì, e foglie di mangrovia per coprirmi. Ma mai statica, mai areattiva.

Ferma, magari, ma in agguato: di me stessa.

Come una gatta che punta un suricillo.


Ecco.

martedì 30 settembre 2008

Senza titolo 271






In fondo questa notte senza sonno mi è piaciuta.


Ho steso pensieri al buio di una piccola lampada azzurra, ho rivisto il film di giorni  trascorsi in bilico fra l'euforia e la gioia, ho assaggiato tutto, di nuovo.
Sa di buono.


Ho provato a cercar(mi) colpe, errori o passi falsi e non ho trovato niente. Non ho che da assolvermi.


Due gattini che coi musetti affranti mi chiedevano di andare al caldo, sotto le coperte; io che quel letto stanotte lo sentivo inospitale e ghiacciato. Pezzi di libro già conosciuto scorsi mentre ancora ho da finirne un altro, caffè e zollette di zucchero di canna succhiate come fossero caramelle. Ogni tanto qualcosa di dolce.


Parole affastellate si confondevano fra sorrisi e occhi lucidi, riflessi di sguardi altrui a riempirmi lo stomaco e i sensi in subbuglio, una constatazione: questa sono io.


sabato 27 settembre 2008

Senza titolo 270




Ma io volevo baci larghi come oceani
    in cui perdermi e affogare,
volevo baci grandi e baci lenti
    come un respiro cosmico,
volevo bagni di baci in cui rilassarmi
    e finalmente imparare i suoi movimenti d'amore








Voglio.
Declinato in ogni tempo e modo.


Desidero.
In ogni tempo e modo.


Posseggo.
In qualche tempo e in qualche modo.


Affogo.
Con il tuo tempo e il tuo modo.


Respiro.
Il tuo tempo e il tuo modo.


Imparo.
Tempo e modo.







mercoledì 24 settembre 2008

Senza titolo 269





Introspection




Che poi ci sono  fatti che succedono così, a caso.

Quando non aspetto niente, quando non cerco niente, quando forse non voglio neanche niente.

O forse quando, semplicemente, sono così arrotolata in me stessa da sembrare una stella filante, quelle che solo soffiando all'interno riesci a svolgere. Quando, arricciata e irta, rimango chiusa mostrando solo spine nascondendo  il ventre morbido.

Così.

In una situazione di calma apparente, piatta, ancorata, di respiro modesto e flebile. Di apnea volontaria.

Succede che distraggo appena l'attenzione da me stessa e sbam! Il vento scardina lucchetti e chiavistelli e non faccio in tempo a recuperare fiato che mi trovo persa in un sorriso di una tenerezza abbacinante, nuotando in un languore morbido e aggressivo che a stento ricordavo d'avere dentro, che a fatica immaginavo di poter meritare.

Eppure ce l'ho qui, fra i denti e nelle mani e addosso.


Guardami.






lunedì 22 settembre 2008

Senza titolo 268






walking around my soul



Vedi, ho lasciato passare questi giorni.

Mi sono persa in pensieri di te, cercando in loro tutto quello che mi aveva dato gioia e regalato sorrisi; tutto quello che mi riempiva dentro all'improvviso lasciandomi con il fiato sospeso e gli occhi sgranati, lucidi.

Pensavo di girarmi intorno fino ad attorcigliarmi, in questi giorni.

Perché io non dimentico niente e anzi mi piace tantissimo ricordare mentre attraversavamo insieme viale Zara -mi tenevi per mano come una bimba- quando mi raccontavi la favola della casa verde -mi parlavi come si parla ad una bambina- e altre parole di tonalità variabile ma sempre pregnanti.

E invece no.

Lentamente, piano, mi sono distesa.

Perché forse -ma non ne sono sicura- ha ragione la Barbarella quando dice che passo al vaglio e sottopongo a confronto. E il confronto è sempre andato a tuo favore.
Ma lo sai.

E ora?
Ho smesso. Insomma per me non avevo mai iniziato (Barbarella non ha ragione, forse).
Comunque rimani sempre quello che mi ha detto, per la prima volta: prendine atto, tu sai fotografare.
E tante altre cose  che mi tengo strette strette.


C'è che mi sto scappando di mano.
Ho di nuovo parole, sorrisi grandi per cose piccole, brividi lievi e farfalle nello stomaco.

Che bello.


venerdì 19 settembre 2008

Senza titolo 267




ma lo sai che fra poco sarà inverno?





me lo diceva anche loris: settembre ha qualcosa che non si sa cosa  sia ma c'è
e capitano cose strane così tanto strane che è inutile che te ne chieda il motivo
o cerchi spiegazione  anche a loris  capitano in  questo periodo e lui ne prende
atto  come  cosa  ineluttabile   come  cosa   bella  ineluttabile  e inspiegabile  e
dalla  quale   tanto  non  si  sfugge  neanche  se  ci si  nasconde  sai ho  tentato
sì ho tentato di nascondermi in questi  tempi per  poter continuare a masticare
quest'amaro che ogni  giorno mi montava in  bocca ma  forse non mi  è riuscito
tanto  bene e devo  essere  stata  scoperta  a  masticare  il niente e a strofinare
i denti pensando di ritrovare  ancora  brandelli  di sapori  andati e forse a mia
insaputa   qualcuno  mi  ha  messo  in   bocca  una  caramella  di un gusto  che
non  conosco  mai  assaggiato mai succhiato sarà forse una caramella magica
una  caramella  magica in cui  riconosco   il sapore  di voglia  buona e rotonda
di  quella  voglia  che si arrotola con la erre e si  perde nelle mattine di pioggia
che si  esalta nella nebbia  e vive  di freddo e non mi lascia il tempo di pensare
a quel   che sto per dire  che già lo  ho detto  e mi  stupisco ma non mi spavento
lo  dicevo a loris: settembre  ha qualcosa  che  non  so cosa  sia  ma so  che c'è








mercoledì 17 settembre 2008

Senza titolo 266






the same old story





è come vivere in un mondo statico

come se a muovermi fossi sempre solo io

e il resto lo facesse per reazione

prova a cogliermi di sorpresa

piuttosto che lasciarti sempre stupire


da me















 


sabato 13 settembre 2008

Senza titolo 265




Ti parlerei, se avessi parole da darti.

Parole piene ma facili, di quelle che scappano dalle labbra schiuse dalla sorpresa.

Ti parlerei se avessi la speranza di sentire da te parole piene.

Ma non ci credo più, forse, e mi dispiace.


E poi ho notato, leggendo chi apprezzo, quanto questo mese sia particolare.

Chi sente la pioggia diversa, chi ha scadenze affettive, chi si cruccia per un cielo cupo perché non ha ancora imparato a vivere di luce propria.



E poi ci sono io. E ci sei tu.



Oggi ho ritrovato la copia della email di prenotazione dell'albergo: come da colloquio telefonico intercorso con il ns. Valentino (cazzo, sembra fatto apposta!) confermiamo n. 1 camera matrimoniale (...) per la notte del 20/09 a nome B/S

Così, tanto per stare serena.

Forse sarebbe stato meglio detestarti. Ma è impossibile. Perché ti ho dentro e ti avrei anche non volendoti -e in effetti non è che ti voglia sempre-
Come stai? Alla grande. Davvero. E va be'.






Vado in terrazza cercando di passare fra le gocce.

Fa fresco e grandina, in questi quindici gradi in meno rispetto a ieri.

Che faccio, tengo chiuso qui dentro o scosto il velo e mostro cosa ho, cosa mi manca?

mercoledì 10 settembre 2008

Senza titolo 264





L'obiettivo è: scoprire da dove veniamo, come veniamo, perché veniamo.

Anche quando, volendo.

Insomma oggi è iniziato LHC: Large Hadron  Collider. Quella cosa CHE NON SI VEDE che fa girare cose CHE NON SI VEDONO sotto terra e che, fra un anno, dovrà iniziare a dare risultati che NON SI VEDRANNO.

Per meglio comprendere: The Large Hadron Collider (LHC) is a gigantic scientific instrument near Geneva, where it spans the border between Switzerland and France about 100 m underground. It is a particle accelerator used by physicists to study the smallest known particles – the fundamental building blocks of all things. It will revolutionise our understanding, from the minuscule world deep within atoms to the vastness of the Universe.


Va be', dettagli. Anche i costi per la comunità internazionale, dettagli.

Rimane il fatto che in questo anello di ventisette chilometri che gira in Svizzera ad un passo da me sono riposte le più incredibili speranze scientifiche e i più grandi timori.

Il buco nero. Io mainellavita riuscirò a capire cosa sia.
E non perché nessuno me lo abbia spiegato  ma proprio perché per me è inesistente.
La materia, l'antimateria.
Proprio non ce la faccio a regalare sinapsi per comprendere cose che in effetti nessuno mi potrà in pratica dimostrare.

A meno che...

A meno che, a forza di far girare i protoni in circolo e farli scontrare l'uno contro l'altro, non si crei questo niente che ingoi tutto: il CERN, i fisici, la Svizzera e anche Torino. Poi, in seconda istanza, l'intero universo.

Allora ci crederò.

Crederò al niente, al vuoto cosmico.

E anche -forse- alle cazzate che di tanto in tanto mi vengono dette.



domenica 7 settembre 2008

Senza titolo 263





»so close to myself«


E poi non so ancora quanto valga la pena chiarire certi fatti.

Sì, in senso generale è sempre utile. Ma troppo spesso chiarire, esporre un concetto rischia di creare maggiori malintesi.

Rischia di ferire.

E forse oggi è successo.

E mi spiace.

Perché  io ho imparato a domare l'emozione che non si vede -quella del dolore che non fa contrarre il volto- e non tengo conto che altri non abbiano la mia stessa capacità -una capacità del cazzo, sia chiaro, ma me la tengo-


E così rimango.

Sospesa.

In silenzio.





venerdì 5 settembre 2008

Senza titolo 262





Fisso ipotetici punti fermi, così fermi che si spostano ogni volta  che distolgo lo sguardo.
Come se non volessero sparire dal mio campo visivo si ripropongono agli occhi.

E ai sensi. Soprattutto.

E' tutto come se.

Come se.

Come. Se.





Ci sono occhi che non percepiscono il movimento rapido.

Occhi come ciechi, abbacinati.

Sguardi inutili, non atti a cogliere l'imprevisto.

Mi ritrovo con me stessa in situazioni analoghe a quelle già vissute, con le medesime contraddizioni trattate con sempre minore indulgenza.

Mi ritrovo a sorridermi con la mano levata, pronta a scudisciare ogni tentennamento.

Accetto che ci sia l'ineluttabile dato da una scelta non di altri, ma solo di una me che si diverta a confondermi. E questo mi fa sorridere.

E guarda, puoi anche provare a cambiarmi.

Ma dubito tu possa riuscirci.

Il patto è: prendere o lasciare.

Ma prima dimmi: cosa vedi, tu, in quel movimento rapido?

lunedì 1 settembre 2008

Senza titolo 261




ricordo perfettamente le parole di un anno fa
e ricordo esattamente lo stato d'animo
e quella sensazione di ansia bella
il calore che mi saliva addosso
il sapore di desiderio
e il sogno
b
i
t
t
e
r