¤Abuse me¤
[OLTRE UN MILIONE LE DONNE VITTIME DI VIOLENZE - violenza sessuale - stupri - molestie]
Quand'ero ragazzina abitavo a Roma, all'Eur, di fianco al parco delle Tre Fontane. Una bella zona, gran casino di giorno e silenzio a notte fonda; quando anche le luci della ruota panoramica si spengevano sembrava di essere altrove, difficile credere che quella fosse una città immensa e popolata da milioni di formiche che giornalmente si spostavano da una parte all'altra, forsennate, impazienti.
A scuola già si facevano i turni mattina/pomeriggio, come al solito io andavo a piedi con quella solita andatura "marziale" che mi faceva camminare veloce, con passo cadenzato, pancia in dentro e petto in fuori (eh, l'inflessibile maestra di danza classica aveva lasciato l'imprinting con la sua canna di bambù sulle mie spalle, sulle mani, sul collo dei piedi...e nonostante dalla danza fossi passata all'artistica rien à faire, il portamento era quello).
Era mattina presto, la prima volta.
Forse era una 127 bianca, sì era quella.
Ogni giorno avevo diritto a millelire per la merenda, ogni giorno un pacchetto di marlboro e niente merenda; percorrevo strade interne, lontana dal traffico che iniziava a portare i travet agli alveari, per timore di incontrare qualcuno di conoscenza della mia famiglia mentre con immenso piacere lasciavo scorrere il fumo dalla bocca ai polmoni, una nota dopo l'altra, ansiosa. I libri tenuti in mano, stretti da una fascia elastica. Passa lui, mi osserva, lo osservo, una rapida occhiata mi fa capire che non l'avevo mai visto e fumo tranquilla, ancora. Si ferma poco più avanti. Mi fai accendere? Gli porgo i fiammiferi, mi trattiene la mano fra le sue, la sfilo scostante. Sei bella, t'accompagno a scuola? Riprendo i fiammiferi senza dire una parola, me ne vado. Lui sale in macchina, fa una ventina di metri, si ferma. Apre lo sportello, scende. Io cammino ora lenta, lo osservo. Tira su la sua maglia per scoprire la patta dei pantaloni, aperta. Si masturba. Io esterrefatta, ipnotizzata. Stupita. Abbassa la maglia e si avvicina a me, mi fermo, non dico una parola, mi poggio al muro. Si avvicina ancora, si masturba ancora, non lo guardo, arrossisco. Lui tace, questione di secondi, un respiro rauco, mi viene addosso. Sulle mani, sui libri, sui jeans. Non una parola io, non lui. Sale in macchina, va via. Mi guardo le mani gocciolanti, le struscio contro il jeans.
Torno a casa. Goodbye stranger.
A scuola già si facevano i turni mattina/pomeriggio, come al solito io andavo a piedi con quella solita andatura "marziale" che mi faceva camminare veloce, con passo cadenzato, pancia in dentro e petto in fuori (eh, l'inflessibile maestra di danza classica aveva lasciato l'imprinting con la sua canna di bambù sulle mie spalle, sulle mani, sul collo dei piedi...e nonostante dalla danza fossi passata all'artistica rien à faire, il portamento era quello).
Era mattina presto, la prima volta.
Forse era una 127 bianca, sì era quella.
Ogni giorno avevo diritto a millelire per la merenda, ogni giorno un pacchetto di marlboro e niente merenda; percorrevo strade interne, lontana dal traffico che iniziava a portare i travet agli alveari, per timore di incontrare qualcuno di conoscenza della mia famiglia mentre con immenso piacere lasciavo scorrere il fumo dalla bocca ai polmoni, una nota dopo l'altra, ansiosa. I libri tenuti in mano, stretti da una fascia elastica. Passa lui, mi osserva, lo osservo, una rapida occhiata mi fa capire che non l'avevo mai visto e fumo tranquilla, ancora. Si ferma poco più avanti. Mi fai accendere? Gli porgo i fiammiferi, mi trattiene la mano fra le sue, la sfilo scostante. Sei bella, t'accompagno a scuola? Riprendo i fiammiferi senza dire una parola, me ne vado. Lui sale in macchina, fa una ventina di metri, si ferma. Apre lo sportello, scende. Io cammino ora lenta, lo osservo. Tira su la sua maglia per scoprire la patta dei pantaloni, aperta. Si masturba. Io esterrefatta, ipnotizzata. Stupita. Abbassa la maglia e si avvicina a me, mi fermo, non dico una parola, mi poggio al muro. Si avvicina ancora, si masturba ancora, non lo guardo, arrossisco. Lui tace, questione di secondi, un respiro rauco, mi viene addosso. Sulle mani, sui libri, sui jeans. Non una parola io, non lui. Sale in macchina, va via. Mi guardo le mani gocciolanti, le struscio contro il jeans.
Torno a casa. Goodbye stranger.
secco.un vero pugno nello stomaco.una lama che squarcia un quadro.mi viene da dire im sorry.ma non serve a niente,penso.meglio un rumoroso silenzio
RispondiEliminaSenza sfumature di grigio: bianco, o nero.
RispondiEliminala vediamo uguale allora.non amo i colori sbiaditi.
RispondiEliminaTremendo come una frustata... come tutte quelle cose che accadono senza un perché e ti lasciano stordita a riviverle senza tempo e senza fine nella tua mente, ma spero con più distacco
RispondiEliminaSì, con molto distacco. Non so come sia stato possibile ma in quel momento è scattato uno strano meccanismo che ha sistemato il...fatto nella categoria "alter ego"...come se fosse successo a una me altra...e forse ora, che per la prima volta ne parlo, sono finalmente riuscita dopo anni a riunificarmi con quella ragazzina sbattuta contro un muro di cinta in una tranquilla mattina romana.
RispondiEliminaL'alter ego di cui parli tu è un prezioso 'punto di fuga' in certe situazioni... ne ho vissuti anche io e mi hanno salvato la vita.
RispondiEliminaUn bacio
sciapo' light.un inchino grande.
RispondiEliminaSi accosto un tipo così a mia mamma, che tornava da casa di una vicina dopo aver chiesto dell'aceto per l'insalata. Ma stavolta fu mia madre a buttar qualcosa su di lui. comunque, quella sera, niente insalata
RispondiEliminaSei libera di non credermi, ma Richard è il mio uomo preferito.
RispondiEliminaKatiuccia ti credo, non potrebbe essere altrimenti leggendo quel che ho letto di te. Ma dovremmo contendercelo, semmai fosse...o meglio, almeno turnarcelo...
RispondiEliminaNon esistono più gli stupratori e gli assassini di una volta!!
RispondiEliminaPiù passa il tempo e più mi accorgo di quante cose ho ancora da scoprire...
Ti abbraccio
Ste72
E' sempre così, ste: quando si da per scontata la conoscenza di me aggiungo un'altra parte di puzzle.
RispondiEliminaTu mi conosci molto più di tante altre persone (e molto meno di quanto pensi) perchè te lo meriti.
Tu sai che sono un tipo a cui piace spesso ridere... beh, hai strappato un sorriso al mio cuore! E' importante
RispondiEliminaSte72