mercoledì 31 dicembre 2008

Senza titolo 304





un cuore grande così



questo è stato un anno d'amore.

amore per me stessa.
così fragile proprio nel momento in cui ci sarebbe stato bisogno di tutta la mia forza; momenti in cui non ne ho avuta neanche per accudire non solo i miei sensi ma soprattutto il mio stato, giorni e mesi di mancanza di fiato  e dissolvenza, attimi in cui ho pensato di non farcela fisicamente a sopportare tutto e poi il guizzo per riuscire ad infondere nel mio prossimo -il mio amato prossimo, non il mondo intero- fiducia e parvenza di forza. e così ce l'ho fatta, senza fiato ma ce l'ho fatta.

amore perduto.
ché alla mancanza di mia mamma non riesco a rassegnarmi; ho vissuto una vita staccando uno ad uno i petali di rosa, conservandoli in luoghi nascosti e inaccessibili dentro di me, con la certezza di non poter sopravvivere  alla mancanza più grande. poi è mancata, la più grande. non sono riuscita a piangere, lasciando che il personaggio si anteponesse alla persona e facendo sì quindi che di me si notasse la parte impenetrabile e altera. è servito a ricostruire dall'interno un'impalcatura che, seppur fragile, è riuscita a portarmi oltre un dolore così incommensurabile. ora è come un nucleo trasparente che vaga fra lo stomaco e il cuore, che si inserisce nei pensieri e che a volte mi dà fastidio. ma non si fa senza.

amore labile.
come un fuoco fatuo, come provare ad accendere un camino con la legna umida, tanto fumo e poco calore. così poco che, pur di crederci, l'ho inavvertitamente mischiato alla umana compassione nei confronti di chi palesemente è più debole di me. amore verso chi parla d'amore sperando che le parole da sole siano sufficienti e contraddicendole ad ogni pie' sospinto. di questo amore sono ancora capace perché è rimedio al rancore, la panacea contro quel filo di cattiveria che mi affiora sulle labbra misto ad un sorriso sarcastico e a me il sarcasmo non piace.

amore tenero.
quello che mi fa sorridere dentro, che senza fatica è riuscito a scavarsi una nicchia e lì se ne sta tranquillo e dispettoso. mi urta appena facendomi rigirare all'improvviso e mi sorprende con un sorriso ineguagliabile che mi fa dimenticare tutto almeno per un attimo. quell'amore di cui dovrebbero essere piene non solo le fosse ma anche gli occhi, l'amore verso il sasso nella pozza d'acqua che sembra cheta fino a che disegni di cerchi concentrici non la agitano. l'amore soffio di vento che increspa il filo e fa venire i brividi. l'amore che non è per sempre ma è sempre.

amore amante.
di una notte e un giorno, di un viaggio improvviso e nodi da sciogliere, di sbandamento e capogiro; amore emozionale così forte da sentirne ancora il sapore in bocca e così veloce da non distinguerne più il profumo. di quello senza prova contraria, che nasce e finisce nel momento in cui si voltano le spalle ma che riesce comunque a lasciare traccia. sabbia che si disperde fra le dita lasciando qualche granello sotto le unghie, amore in frammenti e piccoli particolari essenziali.



...si addormenterà per svegliarsi, pochi istanti dopo, nella luce accecante del nuovo giorno.
ma fra qualche ora, fra un giorno, forse fra tre o cinque o vent'anni,
sentirà una fitta diversa prendergli il petto o il respiro o l'addome.
nonostante siano trascorsi tanti anni, o solo un'ora,
ricorderà il suo amore e rivedrà gli occhi come li ha visti quell'ultima volta.
allora saprà, con una determinazione commossa e disperata, che non c'è più niente da fare.
pvt





domenica 21 dicembre 2008

Senza titolo 303







winter is coming


Era un'alba fredda, livida.
Dalla finestra vedeva i tetti ghiacciati.
Stringeva sé stessa fra le mani scaldandosi in un abbraccio sterile.


Le parole si disegnavano sul vetro appannato dal suo respiro.


Un panorama in bianco e nero le si conficcava negli occhi mentre cercava di raccogliere spirito e passione spersa fra le lenzuola.


Immaginava una giornata lenta e profonda.
Desiderava non avere tempo da sgranare.
Aveva domande senza risposte e parole aspre da frammentare in sillabe.
E infinito silenzio.





• sono io.
• e dunque?
• apri.
sentiamo quale fantascientifico accadimento ha da raccontarmi, questa volta. sbatte la porta dell'ascensore, non suona. spalanco la porta. lo guardo lì, sulla soglia.
• cos'hai negli occhi?
• te
• poche cazzate gioia: cosa vuoi?
• te







giovedì 18 dicembre 2008

Senza titolo 302






amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stessa





Guardami come lentamente sto cadendo dentro le parole.


Guarda come piano mi avvolgono con spire incontrollabili: le sento entrare in bocca

seguendo un percorso inverso, combattendo contro l'aria che automaticamente espiro,

infiltrandosi in ogni piccolo bronchiolo e in ogni cellula e in ogni globulo e facendomi loro.


Posseduta da un amore senza inizio e senza fine mi lascio prendere

dall'eterea inconsistenza di lui e dalla sfacciata razionalità di lei e dal contrario di tutto questo.


Faccio sì che il tono della voce immaginaria cambi in lui e in lei

senza soluzione di continuità lasciandomi aprire il ventre e mischiando il mio e il loro amore

così da non essere più distinguibile quale sia il mio sangue e quale il loro

e chiediamo a voce univoca di affondare la lama e di sfilacciare ogni ostacolo fino a lì

fin dentro e oltre il plesso solare.

Squarciata e attonita dico sì.


Sì.





lunedì 15 dicembre 2008

Senza titolo 301






waiting for me



Una giornata per me.

Poche parole: il numero rasenta lo zero se si esclude una telefonata in ufficio e due righe scritte.

Vado avanti con uno dei libri che sto leggendo -che tu sia per me il coltello- e mi piace tanto.
Lo sento molto mio; mi permette di lasciare andare riflessioni sul passato e sul futuro, mi fa pensare a quello che vorrei.
Perché sì, anche io vorrei che qualcuno mi raccontasse tutto e vorrei raccontare tutto a qualcuno e invece va sempre che io ascolto gli altri ed eventualmente intervengo ma di me, di quello che sento io parlo proprio poco.
Lo faccio per metafora, mi collego a discorsi altrui, inserisco in fatti generali piccole perline invisibili di una vita che mi passa addosso strattonandomi a volte, prendendomi per mano altre.
Sempre, però vissuta. Trasportata e graffiata e carezzata.

Quindi oggi ho mal di stomaco. Ce l'ho da ieri e, si sa, il mal di stomaco limita i rapporti umani. Un po' come mangiare la bagna caoda: non si parla con nessuno, si respira a malapena.

Ho voglia di sentire qualche persona. Andrea, soprattutto. Sì non è una novità, piuttosto una costante.
Ma è una delle poche persone -l'unica?- che spalanca tutte le mie porte con una folata di vento fresco e porta via malesseri facendomi sorridere ancor prima di sentirne la voce. E' quello che, in uno dei momenti più angoscianti che io abbia vissuto, mi ha detto "tesoro io sono qui per farti ridere. io ti racconto cazzate perché ho voglia di sentirti sorridere anche se non è il momento".
E' quello che, nella stessa occasione, mi chiamava per raccontarmi le favole. Le inventava e me le raccontava e io lì, distesa sul letto, a vedermi bambina come la piccola fiammiferaia finalmente felice per aver venduto uno zolfanello.
Cose che hanno un valore così immenso da non poter essere quantificato.

Ho sognato mia mamma.
Era bellina, con gli occhi truccati e il suo immancabile rossetto color mattone. Qui in soggiorno, con due uomini mai visti. Mi ha detto di mettermi affianco al divano, in piedi, perché lì avrei avuto alcune sensazioni nuove. Mi sono alzata dal divano, lei appoggiata allo stipite della porta con quei due  faceva un suono strano dicendo parole incomprensibili. Poi si è avvicinata sorridendo e io mi sono svegliata.


Comunque piove.
Piove così tanto che stamattina, rientrando a casa, la mia macchinetta è caduta dentro un fosso: voleva forse fare un giro nel cantiere  della metropolitana?
Avanti, tutti in smart.


La pioggia lava via.







venerdì 12 dicembre 2008

Senza titolo 300





{today is the first day of the rest of your life}



Metto su American Beauty.


E' che sto pensando a quanta rabbia e insoddisfazione venga contenuta, covata, riservata, preservata e tenuta segreta dalla maggior parte delle persone.
Soprattutto dalle persone che stanno assieme, quelle che si chiamano coppie.

Oh no, non intendo generalizzare.

Qualcuno che si ami e stia bene insieme c'è di sicuro. Ma ho come l'impressione -certezza, in pratica- che la maggior parte si sopporti, si tolleri a malapena.
Sopravviva ecco, per motivi a volte validi ma fin troppo spesso per opportunismo.

A dire il vero non me ne frega niente. Anzi a volte mi scappa da ridere.
Però che tristezza.

Io so che ho passato quasi dieci anni con una persona e che l'amore è finito dopo qualche anno.
Siamo andati avanti fino a diventare fratelli e siamo stati fortunati a non esserci mai odiati.

Poi io ho deciso.
Una decisione scomoda per tutti, per me prima di tutto. Però ora siamo amici e abbiamo cancellato con un colpo di spugna la nostra unione fraterna -eccheschifo- senza umiliarci l'un l'altro, senza scenate e senza stracciarci la pelle. [ora lui sta guardando l'amica della figlia e i petali iniziano a esplodere].


Ma come fate, voi?

E' forza, la vostra, o solo estrema debolezza?

Soprattutto, ricordate ancora cosa sia l'amore?


martedì 9 dicembre 2008

Senza titolo 299





ma tu chi sei?



Bagno di folla, in questi giorni.

Sabato Torino era splendida e luccicosa e tutta tirata a lucido scintillante, con le vetrine che dicevano comprami comprami e quante persone dentro e fuori e intorno.

Quanto ho camminato e parlato e spiegato, quanto mi sono sentita orgogliosa di far vedere angoli e colori, e quanto freddo, quanto.

E chiacchiere e pesce crudo. E fare incetta di cose proibite. E non passare dal medico neanche a morire.


E in tutto questo continuare a chiedermi: ma tu chi sei?

Davvero, dico. Quale parte di te ho conosciuto, quale hai millantato, quanto di quello che so è vero? E come stai, come ti trovi, hai ripreso con te l'anima o l'hai lasciata perdere, cibo delle tue cazzate? Sei solo o hai qualcuno vicino, nonostante tutto?

Rien à faire.

Frullo tutto e viene fuori sempre la stessa domanda. Quindi non mi rimane che passarci sopra -perché di rabbia proprio non ne ho, solo una briciola di compassione ma sinceramente preferirei detestarti- e con la Barbarella troviamo soluzioni vaneggianti e ci scappa da ridere.

Un po' di amarezza, questo sì.

Sai perché? Perché in fondo abbiamo le mani piene di cose da dare, da darti. Tipo vicinanza, affetto, risate, comprensione, presenza, disponibilità.

Ora a tutto questo ci balliamo su. Giriamo e giriamo fino a perdere l'equilibrio, ci facciamo prendere dal capogiro e ricominciamo a girare. A far girare. Parole, tutte vere.

Perché io so chi sono. Sappiamo chi siamo. E chissà quante cose dobbiamo ancora scoprire.


Bello, no?



venerdì 5 dicembre 2008

Senza titolo 298






io scelgo per me




C'era una volta il partito radicale.
L'ho votato fino a che è esistito, dal mio primo voto in poi.
Poi è successo il puttanaio e la scissione e ora c'è uno che è diventato baciapile, l'altra che sta gomito a gomito con quella che usa il cilicio (la gogna, la gogna!), l'altro che sopravvive a qualunque privazione ma non ha più voce in capitolo.

E comunque oggi ho sentito parlare Emma Bonino e finalmente ho sentito di nuovo il politico rispecchiare il mio ideale. E parlava di 194 e testamento biologico e diritto costituzionale al rifiuto delle terapie atte alla mera sopravvivenza.

Dunque io scelgo. E lo faccio anche qui.

Nel 1991 trovai in farmacia un dépliant in cui si parlava di donazione d'organi. Lo lessi, mi informai. Compilai la scheda e la spedii al Ministero della Sanità: dopo la morte desidero donare organi e tessuti.
Nel 2000 il medesimo Ministero propose il quesito -si parlava di silenzio assenso, finalmente- e io ho espresso nuovamente il mio parere.
Nel 2003 la regione Piemonte ha fatto autonomamente una sorta di database e ho scelto, ancora una volta, di donare organi e tessuti.

Ora porto sempre con me, nel mio portafogli, queste tre tessere accompagnate da una dichiarazione olografa in cui reitero la mia scelta e in più dispongo che nessun accanimento terapeutico debba essermi riservato; di conseguenza rifiuto il trattamento farmacologico, l'alimentazione e l'idratazione forzata e il mantenimento in vita grazie alle macchine e alle cure stesse nel caso in cui fossi vittima di trauma cerebrale irrevocabile o -peggio ancora- nel caso in cui dovessi a causa di malattia o incidente essere o divenire non autosufficiente.

Chiunque mi conosca lo sa. In ufficio, in famiglia, le mie amicizie: tutti sono a conoscenza della mia scelta.


Ora voglio sapere per quale motivo un insulso ed emerito sconosciuto dovrebbe decidere per me il contrario di quel che io voglio.

Pretendo di disporre di me stessa, in virtù del fatto che la vita per me non è trascendente dalla pura permanenza viva e vitale in terra, non aspiro al paradiso né me ne fotte una beata mazza di sedere alla destra del padre.

Pretendo anche che tutto questo venga accettato senza discussioni tenuto conto che è un diritto sancito dalla Costituzione -oltre che una mia precisa scelta- e che nessuno possa opporsi direttamente o indirettamente a quando da me deciso.


E qui non c'è tristezza. A me fa paura la sofferenza, non la morte.
E che qualcuno mi dica che una sonda in bocca, una nel naso, una nell'intestino e un'altra nella vescica non sia sofferenza.


Io scelgo la dignità, nella vita e nella morte. E a farsi fottere tutto il resto.


mercoledì 3 dicembre 2008

Senza titolo 297





where is my mind?



Non lo so.

Quanta magia, così tanta che mi confonde.

Ci sono periodi, sai, in cui mi sento tirata da tutti quei mille fili che si dipartono da me per ritornare a me raccogliendo frammenti di vita d'altri.

E sento tutto dentro, nonostante il mio cercare di rimanere sufficientemente distaccata da ciò che non sia strettamente mio.

Ma.

Non è esattamente quello che voglio.

Perché mi piacerebbe essere coinvolta o totalmente assente, le vie di mezzo mi sono sempre state strette e  comunque mi lasciano l'amaro in bocca; vorrei non dovermi imporre l'astrazione e l'estraneità e il sorriso di circostanza -ché poi a me le circostanze mi fanno ampiamente indispettire, spesso-





Io ho amato il tuo sorriso, lo svolazzare allegro della tua gonna elegante e dei calzettoni negli stivali.


Ho amato i tuoi capelli corti, morbidi di cure rigorose, le tue mani rapide tra i fornelli,
le occhiate che mi attraversavano per avere sotto gli occhi due palle di pelo.


Ho amato il rock che mi hai offerto sospirando, ricordando, assaporando le note.


Vissuto intensamente la tua sorpresa per i fiori, strana, si regalano i fiori a una donna di classe, mi pare ovvio.


 

Soprattutto ho amato il tuo sguardo serio ai miei racconti, la tua dolcezza premurosa e consapevole,

la tua pelle di latte, il calore giallo della passione sbocciata.


In quel preciso attimo cristallizzato per sempre, ho amato te.







Domani nevicherà.

Ma quanto mi piace.