{no words}
sabato 26 gennaio 2008
mercoledì 23 gennaio 2008
Senza titolo 161
Parole fragili come sfere di cristallo.
Le sfioro e le accarezzo con cura e loro crash! Esplodono come se le avessi urtate.
Parole a pioggia. Cadono tutte uguali l'una all'altra.
Con disinvoltura provano a girarmi intorno e mentre mi volto a seguirne il volo mi accorgo che in realtà sono bolle di sapone.
E mi mostrano sfaccettature di luce, tutto l'arco di colori e sfumature, piccole finestrelle splendenti in cui provo a riflettermi.
E puff! Scoppiano. Le tocco e non esistono più. Inconsistenti.
Svaniscono. Come mai esistite.
{chiudo gli occhi e mi faccio portare via da una nota di violino}
Le sfioro e le accarezzo con cura e loro crash! Esplodono come se le avessi urtate.
Parole a pioggia. Cadono tutte uguali l'una all'altra.
Con disinvoltura provano a girarmi intorno e mentre mi volto a seguirne il volo mi accorgo che in realtà sono bolle di sapone.
E mi mostrano sfaccettature di luce, tutto l'arco di colori e sfumature, piccole finestrelle splendenti in cui provo a riflettermi.
E puff! Scoppiano. Le tocco e non esistono più. Inconsistenti.
Svaniscono. Come mai esistite.
{chiudo gli occhi e mi faccio portare via da una nota di violino}
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domenica 20 gennaio 2008
Senza titolo 160
Piccole variazioni di rilievo
Inizio a ridere guardando la televisione.
Dovrei iniziare anche a preoccuparmi, forse.
E' domenica pomeriggio e mi ritrovo a guardare quel rettangolo in cui passano persone, immagini, disegni.
La sfoglio senza audio come fosse un giornaletto.
Guardo le figure.
Ho dovuto saltare il primo quarto d'ora di qualunque telegiornale visto che - come prevedibile - era monopolizzato dal papa e dai suoi boys.
Ho giocato col telecomando, imparando addirittura ad usare il televideo (tasto text - pag. 505 - exit).
Ho letto un po', mi sono addormentata, ho sognato qualcosa che non ricordo.
Mi sono risvegliata e ho letto ancora.
E intanto qui fuori c'è sempre la nebbia.
E credo ci sia anche freddo; ho fatto un passo in terrazza e il respiro si è addensato in una nuvoletta bianca e compatta davanti ai miei occhi. Mi domando cosa sarà quando, dopo tre settimane passate ad una temperatura di 21° costanti, finalmente uscirò di nuovo.
Leggo il futuro in ciò che vedo, quindi nel fondo dei miei occhi.
C'è una gru con un carico sospeso. Sarà un segno? E dal niente si sta creando qualcosa.
Cubature che si riempiranno di umanità.
E mentre guardo la mia città, e ripenso alle Olimpiadi che l'hanno fatta ancora più bella, rifletto sulle prossime Olimpiadi di Pechino.
E ho mille domande. E mi informo.
Che della Cina non si sa mai abbastanza. So solo che sono troppi. E che i loro metodi per limitare la popolazione sono aberranti.
E intanto inizio da amnesty che ritengo super partes. E non sono buone notizie ma vado avanti.
E' l'imbrunire. In un momento sarà buio totale e a risplendere sarà solo questo sfilacciato di bianco che straccerà la luce dei lampioni in stelle filanti.
Nasconderà qualunque stella agli occhi.
Insegnerà a vedere oltre. Altro.
Luce oltre.
Dovrei iniziare anche a preoccuparmi, forse.
E' domenica pomeriggio e mi ritrovo a guardare quel rettangolo in cui passano persone, immagini, disegni.
La sfoglio senza audio come fosse un giornaletto.
Guardo le figure.
Ho dovuto saltare il primo quarto d'ora di qualunque telegiornale visto che - come prevedibile - era monopolizzato dal papa e dai suoi boys.
Ho giocato col telecomando, imparando addirittura ad usare il televideo (tasto text - pag. 505 - exit).
Ho letto un po', mi sono addormentata, ho sognato qualcosa che non ricordo.
Mi sono risvegliata e ho letto ancora.
E intanto qui fuori c'è sempre la nebbia.
E credo ci sia anche freddo; ho fatto un passo in terrazza e il respiro si è addensato in una nuvoletta bianca e compatta davanti ai miei occhi. Mi domando cosa sarà quando, dopo tre settimane passate ad una temperatura di 21° costanti, finalmente uscirò di nuovo.
Leggo il futuro in ciò che vedo, quindi nel fondo dei miei occhi.
C'è una gru con un carico sospeso. Sarà un segno? E dal niente si sta creando qualcosa.
Cubature che si riempiranno di umanità.
E mentre guardo la mia città, e ripenso alle Olimpiadi che l'hanno fatta ancora più bella, rifletto sulle prossime Olimpiadi di Pechino.
E ho mille domande. E mi informo.
Che della Cina non si sa mai abbastanza. So solo che sono troppi. E che i loro metodi per limitare la popolazione sono aberranti.
E intanto inizio da amnesty che ritengo super partes. E non sono buone notizie ma vado avanti.
E' l'imbrunire. In un momento sarà buio totale e a risplendere sarà solo questo sfilacciato di bianco che straccerà la luce dei lampioni in stelle filanti.
Nasconderà qualunque stella agli occhi.
Insegnerà a vedere oltre. Altro.
Luce oltre.
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giovedì 17 gennaio 2008
Senza titolo 159
Provo ad andare oltre.
Tento di superare il momento lungo che mi sta avvolgendo, pieno di tempo da perdere in qualche modo.
Evito di chiudere ogni accesso verso me stessa, ma non mi viene facile.
E non viene facile - lo so - a chi tenta di starmi vicino, andare oltre la cortina, stracciare il velo fragile che sto tendendo.
Ho le mani calde.
Ho caldo mentre piccole gocce si creano sulla schiena, sulle braccia, sui pensieri.
Non riuscire a risolvere una cosa *semplice* come quella che ho mi da noia, mi rende insopportabile anche la più piccola rinuncia.
E sto rinunciando a troppe cose, compresa la mia libertà personale.
Sono qui reclusa, seppur volontariamente, ma per forza di cose.
E mi da fastidio tutto.
Ho letto da te.
E un po' mi sono commossa.
E al solito un po' mi detesto quando non riesco a trattenere due lacrime sciocche e senza senso.
Perché senso non ne ha proprio il fatto in se, figurati piangere sopra due parole.
Comunque no, non hai il potere di spegnermi e neanche di offuscarmi.
Hai avuto la facoltà di farmi accendere in mille scintille dentro che come impazzite hanno urtato qualunque nervo.
Accelerando effetti, amplificando sensazioni, risplendendo in mille sfaccettature.
Ma non mi spegni.
Mai.
Cosa mi manca.
Mi hanno chiesto. Mi mancano tante cose, tutte piccole.
E forse un po' mi manco anche io.
Tento di superare il momento lungo che mi sta avvolgendo, pieno di tempo da perdere in qualche modo.
Evito di chiudere ogni accesso verso me stessa, ma non mi viene facile.
E non viene facile - lo so - a chi tenta di starmi vicino, andare oltre la cortina, stracciare il velo fragile che sto tendendo.
Ho le mani calde.
Ho caldo mentre piccole gocce si creano sulla schiena, sulle braccia, sui pensieri.
Non riuscire a risolvere una cosa *semplice* come quella che ho mi da noia, mi rende insopportabile anche la più piccola rinuncia.
E sto rinunciando a troppe cose, compresa la mia libertà personale.
Sono qui reclusa, seppur volontariamente, ma per forza di cose.
E mi da fastidio tutto.
Ho letto da te.
E un po' mi sono commossa.
E al solito un po' mi detesto quando non riesco a trattenere due lacrime sciocche e senza senso.
Perché senso non ne ha proprio il fatto in se, figurati piangere sopra due parole.
Comunque no, non hai il potere di spegnermi e neanche di offuscarmi.
Hai avuto la facoltà di farmi accendere in mille scintille dentro che come impazzite hanno urtato qualunque nervo.
Accelerando effetti, amplificando sensazioni, risplendendo in mille sfaccettature.
Ma non mi spegni.
Mai.
Cosa mi manca.
Mi hanno chiesto. Mi mancano tante cose, tutte piccole.
E forse un po' mi manco anche io.
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martedì 15 gennaio 2008
Senza titolo 158
Irritabile . Irritata . Irritante .
Uno di quei giorni in cui non ho savoir faire neanche nei riguardi di chi amo.
Oggi forca caudina. Per tutti. Oggi mi girano. Molto.
Motivo? Boh. Non lo so. Magari non c'è. E chi se ne frega.
Iniziano in sordina, giornate come questa. Mi sveglio presto e ho voglia di fumare, e non fumo. Improvviso un sorriso ai gattini, che loro lo meritano sempre. Due carezze dalle quali vorrei ricevere chissà quali certezze, ma.
Ordinaria gestione d'una vita: telefonate. e come stai. passo l'aspirapolvere. fai che oggi non venga nessuno a trovarmi. hai bisogno di qualcosa? prenota lastre. ancora. diventerò fosforescente. un untore radioattivo. ho sonno. sono stanca. non dormo.
Mangio qualcosa, va'. E poi mi sbatto a letto che magari gira bene e mi porto avanti nella gestione delle mie ore di sonno che vanno riducendosi sempre di più. Citofono. Non rispondo. Campanello. Porcaputtana. Mi alzo. Lettura contatore luce. E va bene. Ritorno a letto. Citofono. Porcaputtana. Pubblicità in buca. Ma siete pazzi? E con un fil di voce gliel'ho urlato, a quella stronza, che non era l'ora più opportuna per riempirmi la cassetta di immondezza. E poi, chi se ne frega. Mi dimentico del letto.
Vivere in uno stato di tensione sempre compressa a volte fa strani scherzi.
Mi perdo in pensieri lisergici, vedo anche io il Passero Rosso che apre il becco e mi cattura in quel giallo solare, ma più attivo del sole.
Ho voglia di parlare di città e di film, di strade percorse mille volte con gli occhi, i passi e i pensieri.
Non sogno perché non dormo.
Mischio le carte. Le lancio in aria e guardo i disegni che fanno.
Ripenso al mio comportamento dopo averlo messo in pratica.
Mi rendo conto di non aver totalmente ragione.
Non riesco a trovare una via simil-cortese per esporre un concetto, un'idea, e pare che io vada contro ad ogni affermazione con intenzione.
E invece no, è solo questione di modo.
Modo, capisci?
Non ho modi. Sono irritata e irritabile. E di conseguenza sverso con la stessa moneta: sono irritante. Lo so. per questo non mi impongo. Taccio. Ma se ti vuoi confrontare con me, se vuoi qualcosa oltre a quello che sono disposta ad offrire di default. Se te la senti di accettare che io smonti ogni singolo pezzetto di parole e ne faccia coriandoli. Se, va bene. In caso contrario, già sai.
Uno di quei giorni in cui non ho savoir faire neanche nei riguardi di chi amo.
Oggi forca caudina. Per tutti. Oggi mi girano. Molto.
Motivo? Boh. Non lo so. Magari non c'è. E chi se ne frega.
Iniziano in sordina, giornate come questa. Mi sveglio presto e ho voglia di fumare, e non fumo. Improvviso un sorriso ai gattini, che loro lo meritano sempre. Due carezze dalle quali vorrei ricevere chissà quali certezze, ma.
Ordinaria gestione d'una vita: telefonate. e come stai. passo l'aspirapolvere. fai che oggi non venga nessuno a trovarmi. hai bisogno di qualcosa? prenota lastre. ancora. diventerò fosforescente. un untore radioattivo. ho sonno. sono stanca. non dormo.
Mangio qualcosa, va'. E poi mi sbatto a letto che magari gira bene e mi porto avanti nella gestione delle mie ore di sonno che vanno riducendosi sempre di più. Citofono. Non rispondo. Campanello. Porcaputtana. Mi alzo. Lettura contatore luce. E va bene. Ritorno a letto. Citofono. Porcaputtana. Pubblicità in buca. Ma siete pazzi? E con un fil di voce gliel'ho urlato, a quella stronza, che non era l'ora più opportuna per riempirmi la cassetta di immondezza. E poi, chi se ne frega. Mi dimentico del letto.
Vivere in uno stato di tensione sempre compressa a volte fa strani scherzi.
Mi perdo in pensieri lisergici, vedo anche io il Passero Rosso che apre il becco e mi cattura in quel giallo solare, ma più attivo del sole.
Ho voglia di parlare di città e di film, di strade percorse mille volte con gli occhi, i passi e i pensieri.
Non sogno perché non dormo.
Mischio le carte. Le lancio in aria e guardo i disegni che fanno.
Ripenso al mio comportamento dopo averlo messo in pratica.
Mi rendo conto di non aver totalmente ragione.
Non riesco a trovare una via simil-cortese per esporre un concetto, un'idea, e pare che io vada contro ad ogni affermazione con intenzione.
E invece no, è solo questione di modo.
Modo, capisci?
Non ho modi. Sono irritata e irritabile. E di conseguenza sverso con la stessa moneta: sono irritante. Lo so. per questo non mi impongo. Taccio. Ma se ti vuoi confrontare con me, se vuoi qualcosa oltre a quello che sono disposta ad offrire di default. Se te la senti di accettare che io smonti ogni singolo pezzetto di parole e ne faccia coriandoli. Se, va bene. In caso contrario, già sai.
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domenica 13 gennaio 2008
Senza titolo 157
~solo per me~
Edulcorata da un silenzio stranito lascio che questa stanza si riempia di un suono che mai sarà di troppo.
Rivedere dopo tanti anni uno spettacolo puro e senza orpelli come il concerto dei Nirvana, quell'unplugged su mtv, e non esserne ancora stanca pur conoscendolo a memoria. Questo è un fatto.
O magia.
E allora lascio correre tutti i suoni, faccio che si mischino fra loro in antitesi e in assonanza, paragoni difficili e assiomi impossibili.
Mi sbattono addosso organizzando uno strano ballo, un sabbah non controllabile e si affastellano e si mettono in fila, fanno riverenze e aspettano io socchiuda gli occhi, grata.
Ascoltavo Leonard Cohen con Billi mentre, attraverso la nebbia fittissima che si alzava dal fosso, si andava verso Gualtieri, filando in macchina come un proiettile nel bianco. Gli occhi chiusi per il terrore, la bocca aperta a cantare e a sentirlo parlare *...e sai questo lo si ascoltava molto con Viky, me l'aveva fatto conoscere lui che allora al borgo s'ascoltava altro...* E mentre lui parlava io aprivo gli occhi lasciando che si riempissero di nebbia, facendo svanire la paura in un bagno di incoscienza candida.
E scoppiare a ridere a macchina ferma fra il fosso e il niente, fare due passi nell'invisibile agli occhi e inciampare e sbucciarmi le ginocchia e ridere e ridere ancora.
Da qualche parte, come niente fosse, c'è conservata un po' di sana paura del deja vu.
Da qualche parte, ne sono sicura, ho una sportina di sospiri e sogni e ricordi mai persi.
Da qualche parte.
Apro le mani e trovo meraviglia.
Where did you sleep tonight.
Rivedere dopo tanti anni uno spettacolo puro e senza orpelli come il concerto dei Nirvana, quell'unplugged su mtv, e non esserne ancora stanca pur conoscendolo a memoria. Questo è un fatto.
O magia.
E allora lascio correre tutti i suoni, faccio che si mischino fra loro in antitesi e in assonanza, paragoni difficili e assiomi impossibili.
Mi sbattono addosso organizzando uno strano ballo, un sabbah non controllabile e si affastellano e si mettono in fila, fanno riverenze e aspettano io socchiuda gli occhi, grata.
Ascoltavo Leonard Cohen con Billi mentre, attraverso la nebbia fittissima che si alzava dal fosso, si andava verso Gualtieri, filando in macchina come un proiettile nel bianco. Gli occhi chiusi per il terrore, la bocca aperta a cantare e a sentirlo parlare *...e sai questo lo si ascoltava molto con Viky, me l'aveva fatto conoscere lui che allora al borgo s'ascoltava altro...* E mentre lui parlava io aprivo gli occhi lasciando che si riempissero di nebbia, facendo svanire la paura in un bagno di incoscienza candida.
E scoppiare a ridere a macchina ferma fra il fosso e il niente, fare due passi nell'invisibile agli occhi e inciampare e sbucciarmi le ginocchia e ridere e ridere ancora.
Famous Blue Raincoat.
Da qualche parte, come niente fosse, c'è conservata un po' di sana paura del deja vu.
Da qualche parte, ne sono sicura, ho una sportina di sospiri e sogni e ricordi mai persi.
Da qualche parte.
Apro le mani e trovo meraviglia.
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pura e vergine e unica
sabato 12 gennaio 2008
Senza titolo 156
Che bellezza.
Oggi, dopo tanti giorni, sono uscita. E nevicava, meraviglia.
Ieri notte ho dormito poco e ho seguito le evoluzioni del cielo. Carico e bianco anche in piena notte, stille di acqua che scendevano fitte di cui sentivo il suono nonostante le finestre chiuse, a impedire all'aria fredda d'entrare.
E poi, d'un tratto, ecco che la pioggia si mischia a neve. E il bianco sopra diventa ancora più carico.
Sollevo il viso e mi lascio perdere in uno sguardo in alto, a vedere i fiocchi scendere giù.
Surreale.
Bianco.
E il profumo fragrante riempie l'aria, in bocca la sensazione ovattata di buono e pulito.
Avrei voluto poter perdere tempo a passeggiare nel parco, avrei voluto camminare e sentirla scrocchiare sotto gli stivali.
Non mi accontenta, ma da sollievo ai miei sensi.
Grazie.
Oggi, dopo tanti giorni, sono uscita. E nevicava, meraviglia.
Ieri notte ho dormito poco e ho seguito le evoluzioni del cielo. Carico e bianco anche in piena notte, stille di acqua che scendevano fitte di cui sentivo il suono nonostante le finestre chiuse, a impedire all'aria fredda d'entrare.
E poi, d'un tratto, ecco che la pioggia si mischia a neve. E il bianco sopra diventa ancora più carico.
Sollevo il viso e mi lascio perdere in uno sguardo in alto, a vedere i fiocchi scendere giù.
Surreale.
Bianco.
E il profumo fragrante riempie l'aria, in bocca la sensazione ovattata di buono e pulito.
Avrei voluto poter perdere tempo a passeggiare nel parco, avrei voluto camminare e sentirla scrocchiare sotto gli stivali.
Non mi accontenta, ma da sollievo ai miei sensi.
Grazie.
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giovedì 10 gennaio 2008
Senza titolo 155
Guardami dentro.
Prova a guardarmi da vicino, come io sto guardando te. Perché io ti sto osservando. E non perdo niente.
Ti studio, ti esamino, ti seziono.
Ti faccio a pezzi e se mi viene voglia ti ricompongo, in caso contrario rimarrai solo pezzi di niente.
Ho tempo. Tanto tempo da perdere e devo occuparlo in qualche modo. E quindi ho deciso di prendermi cura di te nel vedere come ti prendi cura di me.
Tu. Quante cose, in anni, abbiamo condiviso insieme. Quante cose ancora continuiamo ad avere insieme, pur non essendo insieme. Non ti vorrei mai qui ma ti do l'onere di essere presente. A modo tuo, quello che conosco, che deve essere comunque anche il modo mio.
Tu. Quante parole, risate, carezze, intimità e confidenze ci siamo scambiati in pochissimo tempo. Quante di queste cose rimangono dentro, anche se poco per volta si stanno velando di polvere. E tu non ci hai mai soffiato sopra. E io ora ho poco fiato e non posso sprecarlo. E ci stiamo perdendo.
Tu. Che mi prendi tempo e me ne regali altrettanto. Che mi saluti per primo al mattino, che a volte mi culli fra le tue parole, che vuoi e vuoi e vuoi. E osservo il tuo essere e il tuo porgerti a me, mai eccessivo ma neanche labile. Studio anche te.
E voi. Che vorreste pretendermi altrove non per essere curata meglio ma perché possiate prendervi cura di me. Che mi chiamate e mi scrivete tutto il giorno accettando anche i miei modi spigolosi. Pungente, avete detto. Forse volevate dire stronza, ma con affetto.
Io osservo, studio, giudico.
Tu fai lo stesso con me. Vedrai che sorprese.
Prova a guardarmi da vicino, come io sto guardando te. Perché io ti sto osservando. E non perdo niente.
Ti studio, ti esamino, ti seziono.
Ti faccio a pezzi e se mi viene voglia ti ricompongo, in caso contrario rimarrai solo pezzi di niente.
Ho tempo. Tanto tempo da perdere e devo occuparlo in qualche modo. E quindi ho deciso di prendermi cura di te nel vedere come ti prendi cura di me.
Tu. Quante cose, in anni, abbiamo condiviso insieme. Quante cose ancora continuiamo ad avere insieme, pur non essendo insieme. Non ti vorrei mai qui ma ti do l'onere di essere presente. A modo tuo, quello che conosco, che deve essere comunque anche il modo mio.
Tu. Quante parole, risate, carezze, intimità e confidenze ci siamo scambiati in pochissimo tempo. Quante di queste cose rimangono dentro, anche se poco per volta si stanno velando di polvere. E tu non ci hai mai soffiato sopra. E io ora ho poco fiato e non posso sprecarlo. E ci stiamo perdendo.
Tu. Che mi prendi tempo e me ne regali altrettanto. Che mi saluti per primo al mattino, che a volte mi culli fra le tue parole, che vuoi e vuoi e vuoi. E osservo il tuo essere e il tuo porgerti a me, mai eccessivo ma neanche labile. Studio anche te.
E voi. Che vorreste pretendermi altrove non per essere curata meglio ma perché possiate prendervi cura di me. Che mi chiamate e mi scrivete tutto il giorno accettando anche i miei modi spigolosi. Pungente, avete detto. Forse volevate dire stronza, ma con affetto.
Io osservo, studio, giudico.
Tu fai lo stesso con me. Vedrai che sorprese.
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martedì 8 gennaio 2008
Senza titolo 154
Una giornata diversa
In vena di forti emozioni ieri ho deciso di passare una giornata all'ospedale.
Sai, tanto per fare qualcosa di diverso, una cosa nuova, ah!
Sono arrivata lì con un fil di voce - e ancor meno fiato - e mi hanno sistemato subito una mascherina davanti alla bocca. Triage, accettazione, sala d'attesa di medicina.
Guardavo la varia umanità: vecchi stanchi, ragazzi che sembravano lì per caso - come me, se non fosse stata la mascherina a tradirmi - zingari che venivano dentro con tutta la famiglia a prendere le robe dalle macchinette automatiche.
Un pochino mi sono anche incazzata, che non mi sentivo proprio in un bar e sinceramente mi dava appena noia che facessero salotto. Con varie ed eventuali, giustappunto.
Poi chiamano me. Prendo ancora il mio fiato e mi alzo, che vado ovunque con i miei piedi, io.
Si aprono le porte del girone dell'inferno.
Il pronto soccorso, quello vero, quello oltre la sala d'attesa, oltre la porta chiusa.
Barelle, gente con flebo al braccio seduta su una sedia, poco sangue e molte facce tristi.
Dolore. Tristezza.
E io mi sono sentita bene in paragone.
Poi barella.
Ago in vena.
Lastre.
Ancora barella.
Sei ore. Sei ore così.
E poi diagnosi. E ricovero. E rifiuto del ricovero.
E non sono un eroe e non voglio parlare di questo.
Voglio dire che ho visto ancora dolore. Sofferenza. Ho visto persone buttate in dieci in una stanza di passaggio, con aghi e cateteri e flebo in vena.
Ho visto infermieri correre, sorridere nonostante tutto, consolare me che piangevo per un cazzo d'aghetto chiedendomi se davvero avessi sentito così male. Medici stanchi ma professionali fare il possibile nonostante i mezzi.
Ho visto la mia città aperta nella mia città.
E so che quella che io ho pensato disorganizzazione in realtà sarebbe un dono in molte altre città d'Italia.
Anche da noi si muore, certo.
Però ho visto lavorare qui e altrove e ho visto i fatti qui e altrove.
E no, non c'è paragone.
Sai, tanto per fare qualcosa di diverso, una cosa nuova, ah!
Sono arrivata lì con un fil di voce - e ancor meno fiato - e mi hanno sistemato subito una mascherina davanti alla bocca. Triage, accettazione, sala d'attesa di medicina.
Guardavo la varia umanità: vecchi stanchi, ragazzi che sembravano lì per caso - come me, se non fosse stata la mascherina a tradirmi - zingari che venivano dentro con tutta la famiglia a prendere le robe dalle macchinette automatiche.
Un pochino mi sono anche incazzata, che non mi sentivo proprio in un bar e sinceramente mi dava appena noia che facessero salotto. Con varie ed eventuali, giustappunto.
Poi chiamano me. Prendo ancora il mio fiato e mi alzo, che vado ovunque con i miei piedi, io.
Si aprono le porte del girone dell'inferno.
Il pronto soccorso, quello vero, quello oltre la sala d'attesa, oltre la porta chiusa.
Barelle, gente con flebo al braccio seduta su una sedia, poco sangue e molte facce tristi.
Dolore. Tristezza.
E io mi sono sentita bene in paragone.
Poi barella.
Ago in vena.
Lastre.
Ancora barella.
Sei ore. Sei ore così.
E poi diagnosi. E ricovero. E rifiuto del ricovero.
E non sono un eroe e non voglio parlare di questo.
Voglio dire che ho visto ancora dolore. Sofferenza. Ho visto persone buttate in dieci in una stanza di passaggio, con aghi e cateteri e flebo in vena.
Ho visto infermieri correre, sorridere nonostante tutto, consolare me che piangevo per un cazzo d'aghetto chiedendomi se davvero avessi sentito così male. Medici stanchi ma professionali fare il possibile nonostante i mezzi.
Ho visto la mia città aperta nella mia città.
E so che quella che io ho pensato disorganizzazione in realtà sarebbe un dono in molte altre città d'Italia.
Anche da noi si muore, certo.
Però ho visto lavorare qui e altrove e ho visto i fatti qui e altrove.
E no, non c'è paragone.
domenica 6 gennaio 2008
Senza titolo 153
...tante cose...
Inizio d'anno senza voce. Mi tocca urlare per sospirare, una fatica immensa. Magari potrebbe essere un vantaggio, ma so parlare anche con gli occhi, con gli atteggiamenti.
E spesso parlare non serve. Ma pensare, sempre, sì.
E allora ho un sacco di pensieri, alcuni che mi fanno arrabbiare davvero, infinitamente.
Cronaca.
La rumenta di Napoli e dell'aerea vesuviana. Si tratta di Italia, no? Quindi mi riguarda. E lo trovo intollerabile.Così come trovo fastidiosa - ma è un eufemismo - quella faccia da fantoccio del vostro presidente del consiglio. Quello che sembra che la bocca gli si distacchi come i bambocci che usano i ventriloqui, mi spiego? Cazzo ha da ridere sempre? Ieri per la prima volta gli ho visto la faccia contrita, evidentemente il suo curatore d'immagine (...) gli ha detto che era il caso di dimostrarsi sconsolato.
E allora agiremo, faremo, sistemeremo.
E Bassolino, quel coso, ditemi, cosa fa? Se ne guardano bene anche a mostrarne il volto, attualmente.
E il popolo, cosa fa? E la camorra? E chi è con e chi è contro? E cosa ci vuole per mettere da parte la monnezza, ad evitare la diossina, la puzza, i maiali e i topi, le malattie, il mal di vivere? Oh.
La riscossa del clero. L'inquisizione. La 194. Il miracolo italiano, la rivolta sociale, la vera evoluzione della italica specie sono state tre leggi, sostanziali: il divorzio, l'aborto, il nuovo diritto di famiglia. E ora il pastore tedesco, tramite il proprio portavoce con la medesima faccia laida, dice che va rivisto. Certo. Merda. E quei vergognosi democristiani che ci traghettano verso il tracollo dicono sì, è vero, va rivista. Che le nuove evoluzioni scientifiche e bla bla bla...forse dimenticano che hanno mandato a monte e al rogo milioni di euro sobillando gran parte del popolo caprone a boicottare il referendum, rendendolo nullo. E la ricerca, a farsi fottere. E ora vogliono rivedere l'aborto. E io, donna mai stata madre neppure per breve tempo - per scelta - rivendico il diritto a tenere la legge così com'è, rivendico la scelta di essere o meno genitore, giustifico e comprendo il dolore di chi all'aborto è costretta, perché non è mai una passeggiata.
E dulcis in fundo, sempre dal clero: sono stati istituiti gruppi di preghiera. E questa è stata una botta di ilarità che, nonostante la mancanza di voce, mi ha fatto esplodere in una risata fragorosa, davvero ci voleva!
Insomma gruppi di preghiera a favore dei bambini vittime dei preti pedofili. E pregate, va'. E lasciate che i giovini vengano a voi. Merda. Io vi odio. Vi odio ancor più in quanto preti. Vorrei vedervi morire nel vostro vomito, nel vostro sperma. Mi fate schifo.
E poi penso a me. Chiudendo fra parentesi la cronaca, che ho bisogno di respirare.
Penso a quel che sono, e quel che sono è dato dai miei pensieri e dal mio modo di espormi.
Dalla fisicità, che anche l'esteriorità serve visto che è un biglietto da visita ma soprattutto alle parole con le quali mi espongo veramente.
Io sono quel che dico.
E penso a ciò che voglio, e così tanto spesso non ho quel che voglio. Ma lo desidero e il desiderio è forza, è un passo, è la voglia di riscatto e il rifiuto della rinuncia a vivere a modo mio, come voglio io.
Ora è tutto nuovo. O tutto diverso. Con il mio bagaglio di esperienza, di dolore, soddisfazioni e gioie.
E di cose da dare, e da prendere.
Ora è tempo.
E spesso parlare non serve. Ma pensare, sempre, sì.
E allora ho un sacco di pensieri, alcuni che mi fanno arrabbiare davvero, infinitamente.
Cronaca.
La rumenta di Napoli e dell'aerea vesuviana. Si tratta di Italia, no? Quindi mi riguarda. E lo trovo intollerabile.Così come trovo fastidiosa - ma è un eufemismo - quella faccia da fantoccio del vostro presidente del consiglio. Quello che sembra che la bocca gli si distacchi come i bambocci che usano i ventriloqui, mi spiego? Cazzo ha da ridere sempre? Ieri per la prima volta gli ho visto la faccia contrita, evidentemente il suo curatore d'immagine (...) gli ha detto che era il caso di dimostrarsi sconsolato.
E allora agiremo, faremo, sistemeremo.
E Bassolino, quel coso, ditemi, cosa fa? Se ne guardano bene anche a mostrarne il volto, attualmente.
E il popolo, cosa fa? E la camorra? E chi è con e chi è contro? E cosa ci vuole per mettere da parte la monnezza, ad evitare la diossina, la puzza, i maiali e i topi, le malattie, il mal di vivere? Oh.
La riscossa del clero. L'inquisizione. La 194. Il miracolo italiano, la rivolta sociale, la vera evoluzione della italica specie sono state tre leggi, sostanziali: il divorzio, l'aborto, il nuovo diritto di famiglia. E ora il pastore tedesco, tramite il proprio portavoce con la medesima faccia laida, dice che va rivisto. Certo. Merda. E quei vergognosi democristiani che ci traghettano verso il tracollo dicono sì, è vero, va rivista. Che le nuove evoluzioni scientifiche e bla bla bla...forse dimenticano che hanno mandato a monte e al rogo milioni di euro sobillando gran parte del popolo caprone a boicottare il referendum, rendendolo nullo. E la ricerca, a farsi fottere. E ora vogliono rivedere l'aborto. E io, donna mai stata madre neppure per breve tempo - per scelta - rivendico il diritto a tenere la legge così com'è, rivendico la scelta di essere o meno genitore, giustifico e comprendo il dolore di chi all'aborto è costretta, perché non è mai una passeggiata.
E dulcis in fundo, sempre dal clero: sono stati istituiti gruppi di preghiera. E questa è stata una botta di ilarità che, nonostante la mancanza di voce, mi ha fatto esplodere in una risata fragorosa, davvero ci voleva!
Insomma gruppi di preghiera a favore dei bambini vittime dei preti pedofili. E pregate, va'. E lasciate che i giovini vengano a voi. Merda. Io vi odio. Vi odio ancor più in quanto preti. Vorrei vedervi morire nel vostro vomito, nel vostro sperma. Mi fate schifo.
E poi penso a me. Chiudendo fra parentesi la cronaca, che ho bisogno di respirare.
Penso a quel che sono, e quel che sono è dato dai miei pensieri e dal mio modo di espormi.
Dalla fisicità, che anche l'esteriorità serve visto che è un biglietto da visita ma soprattutto alle parole con le quali mi espongo veramente.
Io sono quel che dico.
E penso a ciò che voglio, e così tanto spesso non ho quel che voglio. Ma lo desidero e il desiderio è forza, è un passo, è la voglia di riscatto e il rifiuto della rinuncia a vivere a modo mio, come voglio io.
Ora è tutto nuovo. O tutto diverso. Con il mio bagaglio di esperienza, di dolore, soddisfazioni e gioie.
E di cose da dare, e da prendere.
Ora è tempo.
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venerdì 4 gennaio 2008
Senza titolo 152
Lascia colare luce mentre si volta, si gira intorno, facendo girotondo intorno a se stessa.
Una luce bambina, piccola, la miniatura di un flash.
La vedi attonita, apparire indifesa nel suo essere sempre fuori tempo, e fuori luogo.
Conta i giorni, sfida i mesi, sgrana ore e pensieri facendo scommesse con se stessa su quando succederà questo, e quest'altro.
Lascia sfuggire lacrime che sembrano perle, lascia sfuggire risate cristalline, lascia sfuggire parole che sembrano nuvole e fiocchi di neve.
Si guarda intorno, la piccola luce. E sente. Graffi nascosti in guanti di cachemire, pizzicotti celati in carezze, baci che si tramutano in morsichi. Stringe i denti, la bimba.
E pensa. Che quando sarà successo questo, e quest'altro, allora sarà successo tutto. Sarà finito tutto il bene di cui è stata dotata alla creazione e ne verrà dell'altro, e nuovo e fresco.
La piccola luce sa che deve chiudere il cerchio. O meglio che il cerchio si chiuderà da se, quando tutto il bene sarà finito. Allora, stretto stretto come un nodo fatto da mani esperte, il cerchio soffocherà e imploderà e di nuovo diventerà onda, e vibrerà per bene, di bene.
Ora la bimba è lì, seduta a gambe incrociate, piccolo fiore di loto.
Aspetta.
Una luce bambina, piccola, la miniatura di un flash.
La vedi attonita, apparire indifesa nel suo essere sempre fuori tempo, e fuori luogo.
Conta i giorni, sfida i mesi, sgrana ore e pensieri facendo scommesse con se stessa su quando succederà questo, e quest'altro.
Lascia sfuggire lacrime che sembrano perle, lascia sfuggire risate cristalline, lascia sfuggire parole che sembrano nuvole e fiocchi di neve.
Si guarda intorno, la piccola luce. E sente. Graffi nascosti in guanti di cachemire, pizzicotti celati in carezze, baci che si tramutano in morsichi. Stringe i denti, la bimba.
E pensa. Che quando sarà successo questo, e quest'altro, allora sarà successo tutto. Sarà finito tutto il bene di cui è stata dotata alla creazione e ne verrà dell'altro, e nuovo e fresco.
La piccola luce sa che deve chiudere il cerchio. O meglio che il cerchio si chiuderà da se, quando tutto il bene sarà finito. Allora, stretto stretto come un nodo fatto da mani esperte, il cerchio soffocherà e imploderà e di nuovo diventerà onda, e vibrerà per bene, di bene.
Ora la bimba è lì, seduta a gambe incrociate, piccolo fiore di loto.
Aspetta.
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mercoledì 2 gennaio 2008
Senza titolo 151
E mi piace pensare che quel che ci sarà sarà tutto sconosciuto, nuovo, in evoluzione.
Mi piace avere la sensazione di stare sulla corda senza la rete sotto, di vacillare e chiudere gli occhi per non perdere l'equilibrio.
Mi piace non aver paura del vuoto ed avere sempre e comunque la sensazione del Tutto Pieno.
E assaporo la vita a piccoli sorsi, a volte aspra altre sa di latte.
A volte ne strappo un pezzo e me lo gusto, in tutti i sensi.
A chi sa, buon duemilaotto. Buono e pieno.
*riepilogo dell'anno precedente*
...ma siccome io non sono buona e non mi interessa essere amica di tutti, questo biglietto è dedicato ad un mucchio di gente - conosciuta o sconosciuta - che comunque mi piaccia.
Escludo tutti coloro che conosco e non mi piacciono, che non mi sono mai piaciuti o che pur essendomi inizialmente piaciuti poi mi abbiano delusa.
Per loro, cordialmente, l'augurio è di andare a fare in c*lo.
Col botto, possibilmente.
Mi piace avere la sensazione di stare sulla corda senza la rete sotto, di vacillare e chiudere gli occhi per non perdere l'equilibrio.
Mi piace non aver paura del vuoto ed avere sempre e comunque la sensazione del Tutto Pieno.
E assaporo la vita a piccoli sorsi, a volte aspra altre sa di latte.
A volte ne strappo un pezzo e me lo gusto, in tutti i sensi.
A chi sa, buon duemilaotto. Buono e pieno.
*riepilogo dell'anno precedente*
...ma siccome io non sono buona e non mi interessa essere amica di tutti, questo biglietto è dedicato ad un mucchio di gente - conosciuta o sconosciuta - che comunque mi piaccia.
Escludo tutti coloro che conosco e non mi piacciono, che non mi sono mai piaciuti o che pur essendomi inizialmente piaciuti poi mi abbiano delusa.
Per loro, cordialmente, l'augurio è di andare a fare in c*lo.
Col botto, possibilmente.
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