martedì 20 luglio 2010

Senza titolo 400




the bad company


 



la dimensione del sogno, ecco cosa è stato.

vedere quelle espressioni di attesa nervosa, cauta e forse anche un po' impaurita
sentirne le voci, o i silenzi, o i sospiri
avere tatto senza mani e vista senza occhi
tirare giù le paratie
lasciarsi e prendersi e mischiarsi

questo è stato il clima di quel venerdì iniziato giorni prima, fra bambole cucite a mano -perché un tossico che usa l'ago per cucire e non per farsi è grandioso, davvero- e clown che non avevano bisogno del trucco per strappare un sorriso.

fra famiglie che finalmente ritrovavano figli e mariti e padri come se fosse un giorno normale proprio dove la normalità è fuori norma, un giorno in cui ci si tocca e ci si abbraccia senza timore d'essere fraintesi e si mangia tutti insieme.

e si scambia conoscenza e dolcezza, terrore nascosto in qualche sguardo, speranza, voglia di esserci anche domani -ché domani non è mai certo quando è la spada ciò che si ha sempre in mente- e parole, infinite parole, date a sconosciuti solo perché si è lì e si condivide.

ho parlato con una madre
ho parlato con una moglie
ho parlato di dolore con il sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi
ho ballato con i miei ragazzi, che miei non sono ma anche sì
ho cantato e mi sono stesa con loro sul prato
fianco a fianco
a guardare il cielo nero
illuminato da dentro

 



http://thebadcompany.wordpress.com

martedì 13 luglio 2010

Senza titolo 399





return to the past


 



io non ho mai lavorato in fabbrica

vivo in una città che per anni è stata identificata con la struttura industriale più grande d'italia -e non a torto, fino a qualche anno fa- e da questa idea comune ha avuto più difficoltà che onori.
ancora c'è chi è convinto che torino sia una città grigia e connotata da agglomerati industriali, fatta di persone chine e introverse, ignorando spesso con presupponente spocchia la storia della città, la presenza di castelli e di parchi, la bellezza del barocco e la particolarità dei suoi corsi, tanto per elencare qualche particolare.

eppure non si può non accettare il fatto che qui ci sia -anche- la fiat.

non ho mai lavorato in fabbrica né ci sono mai entrata, in una fabbrica attiva.
l'unica catena che abbia mai visto è stata quella di una vecchia fabbrica tessile di san maurizio canavese, peraltro bellissima con i suoi filatoi e telai e torcitori e navette di legno, e i soffitti altissimi con le travature a vista.

non sono mai stata in fabbrica ma sento il fiato della fiat ovunque.

lo stabilimento di mirafiori è grande come una piccola città. non sembra vera, ci si rende conto della sua enormità solo guardandola dall'alto. non c'è un ingresso, ce ne sono tanti. e non si chiamano ingressi, si chiamano cancelli.

la direzione  è qui ad un passo da casa mia, così come la rampa elicoidale che porta alla pista sopraelevata.
la mia azienda era permeata dalla presenza della fiat, prima dell'avvento dei cavalieri bianchi.

cosa rimane di questa pseudo potenza economica che come una piovra si è sparsa per l'italia e nel mondo cogliendo qui e lì le opportunità migliori per acquisire contributi, ovvero soldi, soldi nostri, soldi di tutti, soldi anche degli operai ed impiegati che ci lavorano?

rimane un accordo vergognoso.
un vigliacco compromesso che ha il sapore del ricatto al quale -gioco forza- troppi lavoratori dovranno dire sì.
e, per far vedere subito chi sia il padrone -da le bele braghe bianche- licenzia oggi un sindacalista fiom con l'accusa di aver "indebitamente utilizzato l'email aziendale".

fischia il vento...


 

sabato 3 luglio 2010

Senza titolo 398





salvation


 



quando i numeri riescono a sovrastare le parole
e quando leggere accordi e contratti sottrae tempo ai libri e alle lettere
quando scrivere in termini ufficiali gioco forza mi ruba la voglia di scrivere di me e di te e di chi ho dentro
è il segno dei  tempi
ci vuole il distacco

sono stanca di quasi tutto, insofferente e a tratti scostante
insoddisfatta, anche, e poche cose riescono a coinvolgermi
così poche che ne faccio tesoro
me le tengo strette come stringo i miei gattini
uno in più, amore in più
e la agnese, la vecchina più vanitosa e tenera che conosca

mi tengo stretta, nel frattempo
allontanando da me tutto ciò che cerca di entrare nel mio spazio più privato
con la delicatezza di un panzer
convinto di tirar giù le barricate con le bombe e non a mani nude
sei fuori strada

io vado per la mia